La cartapesta

Ci si ricorda che esiste soltanto nel periodo di Carnevale, dove si mostra in tutta la sua potenza. Qualche altra volta invece spunta da quei programmi televisivi dove viene mostrato come creare simpatici oggettini in poco tempo e con materiali semplici; lì, invece, si mostra in tutta la sua umiltà. Ma la cartapesta possiede una dignità storica inattaccabile, a dispetto dell’oblio “da progresso” a cui sembrano destinati tutti gli antichi mestieri. Nell’Ottocento, all’apice della sua diffusione, i maestri cartapestai acquisirono un’abilità e una considerazione pari a quella degli orafi o dei falegnami. E fa esultare il pensiero di come un materiale povero per eccellenza (carta e stracci impastati con acqua e farina; colla vinilica nel migliore dei casi) sia andato ad affiancarsi all’oro e al legno nei laboratori artigianali. Al giorno d’oggi di questi maestri se ne contano davvero pochi, ma non è raro a Lecce incontrare giovani a bottega determinati ad impararne i segreti, con il piacere di “menare le mani” su qualcosa che non siano mouse & tastiera.

La tessitura al castello di Sperlinga

Un altro antico mestiere vittima della selezione “economica” naturale per l’evolversi dei tempi è quello della tessitura a mano; oggi sopravvive ancora in alcune ragguardevoli nicchie, come il castello di Sperlinga. L’arte di intrecciare fili è stata nei secoli il pilastro su cui poggiava la ricchezza di gran parte degli Stati nazionali. La storia della tessitura, fino alla meccanizzazione avvenuta durante la Rivoluzione Industriale, è andata di pari passo con la storia dell’umanità e il suo percorso produttivo e commerciale ci racconta molto di noi stessi. “Raccontare” poi è il verbo che più si addice, perché la scrittura mutua proprio i termini della tessitura: incrociare “trama” e “ordito” per dar vita al “tessuto” (narrativo).

''Puglia senza confini''

Ovviamente esistono infiniti alfabeti per raccontare storie. Il Circolo Foto Cine Club di Foggia da decenni porta avanti la grammatica e la sintassi della fotografia. Attivo dalla fine degli anni ‘60 (anche il nome ha un non so che di evocativo), propone la rassegna “Puglia senza confini”, un’importante occasione di confronto tra addetti ai lavori e semplici appassionati. Senza confini anche i generi e i temi proposti nelle esposizioni. Presenti anche grandi nomi della fotografia italiana e una rappresentanza internazionale. Il programma è nutritissimo, integrato anche da eventi extrafotografici come videoproiezione rappresentazioni teatrali. Insomma, un modello di evento perfettamente riuscito!

Fiaccolata di San Nicola

Puglia senza confini anche in occasione della celebrazione del patrono di Bari, San Nicola. Venerato tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi (era infatti originario dell’Asia Minore e il suo culto si diffuse rapidamente sotto la chiesa di Bisanzio), è sicuramente uno dei santi più amati su scala europea, da Amsterdam alla Russia. Solo in Italia beneficiano del suo patronato quasi 300 comuni e svariate categorie sociali (dai mercanti e commercianti agli avvocati e alle ragazze da marito). A Bari, dove nella Basilica sono custodite parte delle reliquie, si tiene una solenne fiaccolata per invocarne la benedizione. Torce e fiaccole illuminano la strada, il sapore delle popizze e delle sgagliozze riscaldano cuore e palato. Ancora qualche settimana e per quelle stesse strade arriverà Babbo Natale, che altri non è che… lo stesso San Nicola, protettore dei bambini, con la sacca piena di giocattoli per loro.

Museo del giocattolo a Napoli

Quanto sono importanti i giocattoli per i bambini e la loro crescita, per stimolare l’apprendimento e l’elasticità mentale lo sa bene il rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, che ha allestito in questo istituto il Museo del giocattolo. Un grande contributo è stato dato dal docente della cattedra di Storia del Giocattolo (che materia insolita e affascinante!) che ha messo disposizione parte della propria collezione personale. Ci si rende veramente conto di quanto la materia del gioco e i suoi strumenti siano fondamentali e vadano affrancati dallo snobismo che considera i giocattoli come “capricci” da trattare con sufficienza. Niente di più sbagliato. Attraverso la simulazione del gioco il bambino fa esperienza del mondo, aiutandolo a maturare ed a comporre la propria personalità. Inoltre, sbirciando tra le teche, ci si imbatte in delle vere chicche, come la primissima Barbie messa in commercio.

Pulcinella bianco e Pulcinella nero

Ci sarà stato anche qualche pupazzo di Pulcinella nascosto tra tutte quelle simpatiche bambole di pezza? Magari c’era ed è stato bravo a non farsi trovare. Lo sapete, quello è un pezzo di dispettoso! E con lui in giro niente è al sicuro. Se, per esempio, state girovagando per il centro storico e all’improvviso vi imbattete in un manifesto che vi indirizza verso “il vero finto spettacolo di Napoli”, voi siete sicuri di averci capito bene qualcosa? Non finché non avrete partecipato all’omonima performance teatrale de I Tirabusciò. E sottolineo il verbo “partecipare”, non “assistere”. Ci si ritrova infatti scaraventati in un frullatore al calor bianco, tra danze, musica, canzoni, voci, lenzuola svolazzanti… tutta la carica esplosiva della vitale cultura partenopea. “Maestri di festa” ben due Pulcinella che vi coinvolgeranno in prima persona per tutta la durata dello spettacolo: uno “classico” con la consueta veste bianca ed uno “nero”, a rappresentare il lato oscuro di una città piena di contraddizioni, alla cui straordinaria bellezza fa da contrappeso la sua più greve miseria. Un giorno ed una notte che si rovesciano a vicenda di continuo, in una eterna lotta affinché non si spenga mai la fiamma che permette questo moto perpetuo: l’amore rigeneratore.

 
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Commenti (8)


  1. Molto bello questo articolo, Luciano, sia per lo stile fluente con cui sono presentate tematiche diverse, sia per i collegamenti tra i diversi argomenti proposti.
    Ovviamente…grazie per come hai presentato il fotoreportage sul Pulcinella bianco e il Pulcinella nero. Il modo in cui ne hai parlato trasmette appieno il senso dello spettacolo.

    Saluti,
    Maria


  2. Grazie grazie grazie Maria!!! :-)


  3. Finalmente riprendo i contatti con il sito dopo il forzato allontanamento a causa dei virus. Sembra che ora il problema non si manifesti più.
    Apro e trovo il tuo magnifico articolo, Luciano, che completa in modo ineccepibile le nostre descrizioni nei reportages: è un piacere leggere le tue parole come è un piacere conoscere quanto la nostra Bella Italia ci mostra attraverso l’operato dei suoi abitanti.


  4. Kris, di fronte a queste parole riesco a risponderti solo con un GRAZIE :)
    Bentornata!


  5. …leggo anche io e mi complimento, attirato particolarmente da quello che è stato un mio lavoro per 25 anni: il burattinaio. La compagnia con la quale ho lavorato dai miei 15/16 anni in poi è quella dei Fratelli Ferrajolo di Salerno. D’estate terminata la scuola andavo in giro per l’Italia e anche all’estero per i tre mesi di vacanza a lavorare per poter pagare i libri e le spese scolastiche. Monta e smonta il teatro da una piazza all’altra di tante città, quante esperienze !!! Non parliamo poi della TV e di spettacoli dalla TV dei Ragazzi a Studio 1… mamma mia quanto tempo fa!!! Ho cominciato grazie alla pittura: mi furono commissionate le scene per il teatro dei burattini e da allora me ne innamorai fino a far diventare le mie mani e braccia l’anima che dà vita ai burattini…


  6. …dimenticavo di dire che la Famiglia Ferrajolo è la più antica e vivente dell’arte dei burattini, da essa poi hanno preso il via varie altre compagnie come quella citata e altre; ricordo che a Napoli eravamo soliti fare stagioni invernali di spettacolo al mitico “San Carluccio”… sala da cui sono passati attori e comici di fama..


  7. Che bello leggere delle tue passate esperienze, Gianni; da come ne parli è chiaro con quanta passione abbia fatto questo lavoro, anche se vi era la motivazione del guadagno. Adesso che fai? Le tue mani e braccia continuano a dar anima ai burattini, magari solo per divertire figli o nipotini?

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