I migliori fotoreportage di marzo
“Annuntio vobis gaudium magnum;
Habemus Papam”
Brivido. Ecco le parole che ci hanno fatto tremare il cuore. Ecco l’annuncio del nuovo Pontefice. Eravamo noi, tutti, il mondo, con gli occhi puntati verso quel balcone immersi nella pioggia battente e in un’atmosfera surreale. Per sapere chi avrebbe preso il posto di un papa ancora vivo, ma storicamente dimissionario; apprezzato da tanti ma che non ha saputo far breccia nel cuore di quei fedeli che a Dio e al suo massimo rappresentante in terra chiedono segni tangibili di bontà e misericordia. Fumata bianca, quindi. E tutti lì ad aspettare come si aspetta una persona cara arrivata da lontano dopo troppo tempo. E dalla fine del mondo, dall’Argentina, si affaccia a Roma, da quella finestra, lui. Jorge Mario Bergoglio. Papa Francesco. Come l’umile poverello di Assisi.
“Fratelli e sorelle buonasera” le sue prime parole. Un saluto affettuoso, altri sussulti, altre emozioni. E l’invito, potente, a pregare tutti insieme, con il mondo diventato una immensa Piazza San Pietro. Per nuovi sogni e speranze.
Già, i sogni… cosa sarebbe la vita dell’uomo se non ci fossero? Se non li avesse avuti Federico Fellini, ad esempio… il cinema italiano non avrebbe più potuto vantarsi di aver abbracciato l’Arte. Per sua (e nostra) fortuna, Fellini ha sognato copiosamente. Tanto che il suo psicoanalista gli gli suggerì di schizzarli su carta, come terapia. Quei disegni sono esposti in una imprescindibile mostra a Bari, dove fanno bella evidenza di sé volti, facce, figure, espressioni e dimensioni che saranno poi immortalate su celluloide nei suoi capolavori, in un infinito gioco di specchi della sua irrequieta personalità.
Anche il magniloquente carnevale di Putignano omaggia il cineasta riminese con l’imponenza dei suo carri allegorici, dedicandogli il tema di quest’anno. I bravissimi maestri artigiani hanno dato, come di consueto, ottima prova delle loro abilità: sfilano allora su ruote la nostalgia di “Amarcord”, il turbinoso “La dolce vita”, la liricità di “La strada”, l’irriverenza della “Città delle donne”… che poi sono il palese filo conduttore della sua poetica: donne, donne, donne.
Dal capoluogo a Molfetta… e dal profano al sacro. I riti dei Sepolcri, il pellegrinaggio di chiesa in chiesa per prepararsi al lutto e il mistero per la morte di Gesù, laddove il sentimento di devozione è ancora saldamente intrecciato a tradizionali rappresentazioni di fede. Le diverse confraternite si preparano a rivivere la ricorrenza più dolorosa per un cristiano: il Venerdì Santo. E saranno pianti, lamento e strazio.
Religiosamente, non sarà la Torre di Babele. Non preannuncia sciagura e disordine, anzi! È un monolito piantato a terra da cui si irradieranno ondate di riqualificazione urbana, la più grande che si sia mai vista a Milano. La Unicredit Tower, futuristica torre di acciaio e cemento, svetta nello skyline metropolitano con i suoi 230 metri di altezza, scalzando dal trono il beneamato Pirellone. Ma è anche, con le sue sinuose curve, l’edificio architettonico più alto d’Italia. Una cima, una meta, una promessa di potenza.
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peiro:
Bel reportage Diana, grande partecipazione di Donne. Saluti...
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