Uno studioso legato in maniera viscerale alla sua terra e alle storie che ancora nasconde, tanto da girare tutto lo stivale per scoprirle e renderle patrimonio culturale di tutti. Un uomo poliedrico le cui passioni gli impongono un accorato studio di tutto ciò che è “vesuviano”: dalla storia alla tradizioni, passando per le bellezze archeologiche a quelle documentarie. A parlare con Vincenzo Marasco non si finisce mai di imparare e quel che sembra inarrivabile appare a portata di mano. Nel suo ultimo libro “Torre Annunziata nella cartografia antica” parte dal documento più antico che l’umanità conosca per svelare altri misteri sulla nostra Torre Annunziata.

“Torre Annunziata nella cartografia antica”: il suo ultimo libro che vede come punto focale la città di Torre Annunziata. Quale sono le sue altre pubblicazioni?
“Collaboro dal 2005 con vesuvioweb. Tramite il portale, che io reputo la mia palestra culturale, ho pubblicato una quarantina di lavori. Di questi, ogni tanto ne riprendo uno in esame e cerco di approfondirlo con i risvolti delle ultime ricerche. Per ora, di questi, quattro hanno visto la luce in cartaceo. Uno di questi – “A Historical account of archeological discoveries in the region of Torre Annunziata”, tradotto “Cronache storiografiche archeologiche dell’area di Torre Annunziata” – è divenuto contributo di un progetto universitario promosso dall’ateneo di Austin in Texas.
Le altre pubblicazioni sono: “Torre Annunziata, 21 Gennaio 1946″, coautore Carmine Alboretti, “Boscotrecase, storia di una riscoperta epigrafica”, e l’ultimo proprio “Torre Annunziata nella cartografia antica”“.

Tabula peutingeriana: è partito da qui il suo viaggio nella cartografia antica. Quali misteri nasconde? Dove è conservata?
“La Tabula Peutingeriana è uno dei documenti cartografici più antichi che l’umanità conosca. Il nostro viaggio nei meandri della storia cartografica legata ai nostri luoghi doveva, per forza di cose, iniziare da questo documento. Abbiamo la fortuna che Oplontis vi è ben riferito e raffigurato. Per quanto ci riguarda, il rompicapo era legato al riferimento che identificava la nostra località. La tesi che faceva presumere ad un centro antico ben più importante di Pompeis e della vicina Herculaneum è stata presto sfatata con l’individuazione degli altri centri termali che riferivano lo stesso particolare legato al toponimo oplontino. Questa tesi era stata avallata dalle prime osservazioni della carta. Non è mai stato specificato chi fu a formularla, ma il Rosini nel suo “Dissertazio Isacogica”, un tomo in latino del XVIII secolo, in alcune osservazioni al documento e in relazione alle importanti scoperte archeologiche di quel tempo, cita la presenza di un ulteriore importante città. Il particolare legato al toponimo oplontino veniva usato per identificare i centri termali o località di ristoro o di villeggiatura dell’epoca. Lo stesso riferimento venne utilizzato, infatti, per identificare una località prossima a Terracina. Quindi, stando alla cartografia romana, Oplontis è certo che era un centro termale di notevole interesse”.

A cosa deve questa sua profonda passione per la città oplontina?
“La passione che mi lega alla storia di Torre dell’Annunciata, come amo chiamarla, è direttamente collegata alle mie origini. Torrese dal 1727… sembra la marca di un vino… ovvero di Terravecchia (Casali di Bosco): la città all’epoca era tutt’una, quindi vada per torrese. I Casali di Bosco erano chiamati tali fino al 1810 perché comprendevano varie località identificate come Casali. Il quartiere di Terravecchia, al quale faceva parte il Rione Polveriera o “Pruvulera” e la Cappella dello Spirito Santo, era parte di questi Casali. Questo fino a quando, per l’appunto nel 1810, con un atto di servilismo alla corona francese, e la caduta del feudalesimo, Terravecchia venne integrata con l’intersecata Torre dell’Annunciata, chiamandosi poi Gioacchinopoli. Comunque sia sono sempre stato incline alla storia vesuviana e ne vado fiero”.

Come reperisce i documenti da cui poi trae i suoi scritti?
“Ovviamente la ricerca archivistica è fondamentale per gli studi di un certo livello, anche se talvolta le fonti bibliografiche aiutano molto: l’importante è essere intellettualmente onesti”.

Quali sono i maggiori problemi che incontra durante le sue ricerche?
“Le difficoltà sono legate al tempo che è sempre ristretto, però diciamo che è anche un pregio in quanto aumenta il gusto e la voglia di scrivere”.

Per il suo ultimo libro, quali sono i documenti su cui ha lavorato?Dove li ha reperiti?
“Il mio ultimo lavoro parla da sé. La ricerca è puramente cartografica. La maggior parte dei documenti appartiene a collezioni private di amici che gentilmente hanno permesso la consultazione e la pubblicazione dei documenti. Altro appartiene a Enti privati e statali, come specificato. La Tabula, ovviamente è disponibile in rete, in quanto è super protetta presso la Biblioteca di Stato di Vienna”.

Lei sta curando il recupero dell’archivio della Basilica dell’Ave Gratia Plena. Di che natura sono i documenti lì conservati?
“I documenti conservati presso la Basilica dell’Ave Gratia Plena dei quale abbiamo già fatto una catalogazione e una bozza d’inventario, sono stati suddivisi in tre periodi particolari:

  • Epoca Feudale (XV sec. – 1805);
  • Epoca Pre-Unitaria (1815 – 1861);
  • Epoca Contemporanea (1861 – Anni ’50-60)”.

Sta anche fondando una associazione di studi, con quale scopo?
“Siamo in procinto, insieme con altri appassionati che hanno aderito all’iniziativa (Vincenzo Amorosi – araldista, Ciro Maresca – Presidente Proloco Marina del Sole, Aniello Langella –  responsabile di vesuvioweb, Luigi Ausiello – diacono teologo), di fondare un’ associazione di studi intitolata “Centro Studi Storici Nicolò D’Alagno”, il primo feudatario di Torre dell’Annunciata, o Torre dell’Annunziata per l’epoca, con lo scopo principale di accentrare tutta la documentazione di una certa natura, legata alla storia del nostro territorio e di quello vesuviano adiacente. E’ un progetto arduo, ma la passione ci dice che possiamo farcela”.

Come vede oggi la città di Torre Annunziata?
“A un buon punto di partenza per il suo riscatto, sia culturale che sociale; bisognerebbe solo fondare le basi per una buona e sana “politica del fare”, mirata al bene della città senza nessun compromesso”.

Cosa andrebbe maggiormente preservato?
“I monumenti, ovviamente, e quelle strutture, quale il Cine Teatro “Moderno” che a parer mio sarebbe, una volta restaurato, la sede ideale per accogliere finalmente il “Museo Archeologico di Oplontis” e diversi ambienti da dedicare a tematiche espositive diverse. Non sarebbe poi tanto un’utopia e sarebbe una perfetta forma di rilancio economico cittadino”.

Ha partecipato ad uno studio condotto negli scavi di Oplontis con l’Università americana. Vuole anticiparci qualcosa?
“Come già detto, il mio contributo versato all’università di Austin, per conto del Dr. Jhon Clarke, tratta una ricerca storica legata alle scoperte archeologiche sul territorio di Torre Annunziata. Ci sono parecchie novità scoperte durante le mie ricerche d’archivio e approfondimenti fatti al lavoro dell’esimio professore Carlo Malandrino, pietra miliare della cronaca storica oplontina. Spero in un futuro di riuscire a riportare questo lavoro sul nostro territorio che, a parer mio, (non voglio peccare di autostima, si intende) è un ottimo contributo alla storia archeologica della nostra città”.

 
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