I migliori fotoreportage di novembre
Cominciamo con un sorriso, che assieme ad un saluto e ad un abbraccio è sempre il modo migliore per cominciare qualsiasi cosa. A Casarano un’associazione filantropica ha addirittura organizzato una “Giornata del Sorriso” a Palazzo De Iudicibus. Un vivace e colorato gruppo di volontari si è adoperato, attraverso la clownterapia, a regalare a dei bambini ammalati e bisognosi di cure una giornata piena piena di divertimento. Ogni gesto, ogni sorriso, ogni voce regala allegria e conforto, che si riflette tutta nella poesia dei nomi scelti per l’iniziativa, a riprova di quanto le parole facciano la loro parte nello scaldare il cuore. L’associazione si chiama infatti “Cuori e mani aperte verso chi soffre” ed tutto finalizzato alla raccolta fondi per l’acquisto di una “Bimbulanza”, un tradizionale mezzo di soccorso modificato appunto a misura di bambino. I volontari dell’associazione non si sono certo risparmiati, perché quando si tratta di bambini non c’è stanchezza fisica o emotiva possa fiaccare.
Quanti sorrisi ci saranno invece tra le oltre 500 immagini della mostra in onore di Henri Cartier-Bresson? Il fotografo francese ha legato il suo nome ad un’epoca, il Novecento, tanto da essere ricordato come il “grande occhio del secolo”. Ha vissuto sulla propria pelle/pellicola guerre, luoghi, civiltà, popoli, postcolonialismo; sempre alla ricerca infinita dell’attimo da cogliere e immortalare in un inconfondibile B/N, sua marcata cifra stilistica. All’Ara Pacis di Roma si rende omaggio all’uomo che ha molto contribuito a rendere arte questa disciplina, ad un certo modo (mai troppo compianto) di intendere il “mestiere” e all’instancabile fotografo protagonista del proprio tempo.
Il tempo è anche l’ingrediente principe di un’attività artigianale troppo spesso (e troppo ingiustamente) relegata a pigro hobby, passatempo d’antan, retaggio inutile di tempi passati fino a goffa metafora di svalutazione femminile. L’arte del ricamo, per quanto se ne dica, richiede impegno, precisione e abilità mica da scherzarci sopra. E se un ente culturale del calibro dell’Accademia dei Georgofili di Firenze decide di ospitare alcuni lavori in occasione dei 20 anni del “Club Punto in Croce”, le riconsiderazioni sono d’obbligo. Il Verzuriere Fiorito contiene frutti pregiati di un lungo, silenzioso lavoro di mani sapienti. Le opere esposte raffigurano temi naturali e l’ars ricamatoria sembra così mutuare il ritmo delle stagioni, della “maturazione” delle cose, di una dimensione precedente a quella di eccessiva artificialità dove si sono cacciati gli uomini del presente. I disegni affascinano con la forza della loro quieta fissità, come nitidi ricordi d’infanzia.
E chi, quando era piccolo, non ha giocato a fingersi poliziotto, soldato, pompiere, infermiere o crocerossina? E con che impegno si rappresentavano sentimenti puri e alti come il coraggio, la forza, la protezione e la cura per gli altri? Crescendo, per tante persone quei giochi sono diventati una vocazione, una professione, una responsabilità. Il 4 novembre è la Festa dell’Unità nazionale e delle Forze Armate e Prato fa la sua parte nel celebrare degnamente questa ricorrenza. La retorica da libro Cuore, l’astio contro l’autorità repressiva, l’opportunistica celebrazione dell’idea di “patria” lascia il posto alla sincera commozione di una corona deposta sul monumento ai caduti, sotto un fluttuante tricolore tra note acute di “Silenzio”. Un ringraziamento a chi si è sacrificato per noi, da parte di chi è pronto a farlo quotidianamente.
“Povera patria”, cantava Franco Battiato. Tanto portata in alto nei discorsi e nelle idee quanto vilipesa e fatta a pezzi nella realtà. Impotente e imbambolata di fronte al lento disfarsi dei suoi pezzi di storia. Che dire, ancora, di Taranto? Allo scempio sociale, ecologico e politico legato alla tristi e note vicende dell’ILVA, si aggiunge l’inesorabile degrado che sta distruggendo il Borgo Antico, abbandonato a sé stesso e volutamente ignorato come una quisquilia fastidiosa. Altra polvere da mettere sotto al tappeto, in un contesto dove neanche i tubi che reggono fatiscenti palazzi cinquecenteschi sono innocenti.
E il decoro di chi abita ancora in quella zona? E le promesse di riqualificazione non mantenute? E la memoria di quelle facciate e di quei vicoli? La città vecchia è il cuore di ogni importante aggregato urbano, ma qui sullo Stivale sembra sia prassi consolidata abbandonarlo ad un ciglio dall’infarto.
Agnone ravviva il suo ogni anno, in occasione dell’Immacolata, facendo fluire un fiume di fuoco. La tradizionale ’Ndocciata è uno di quegli spettacoli che non si dimenticano facilmente e ogni edizione è buona per lasciare chiunque a bocca aperta dallo stupore. Rivive, in quei grandi uomini che portano enormi torce accese, lo spirito ancestrale delle terre molisane. La piena di fuoco cala tra contrade dai nomi duri ed evocativi; un’inondazione che attraversa la strada principale del paese, dove una comunità si raccoglie, tra zampognari e cavalieri, a partecipare ad un evento sacro e profano allo stesso tempo, in onore di un fuoco-Dio purificatore e fonte di vita. Le scoppiettanti ‘ndoccie verranno poi accumulate tutte insieme per l’enorme falò finale, beneaugurante rito per affrontare l’inverno e, con il calore della fiamma sul viso, benedirlo.
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Commenti (2)
marivodo (Senior) scrive:
Bravo Luciano, sei un poeta
Luciano Salvati (Redazione) scrive:
Grazie infinite Marivodo! Troppo buona!