Uffici Giudice di Pace (ex Pretura)

Le multe per la sosta a pagamento solitamente alleggeriscono le tasche degli utenti. A Pompei rischiano di svuotare le casse comunali.

Solo nell’ultimo consiglio comunale è stata approvata una delibera per la copertura finanziaria di alcuni debiti fuori bilancio, maturati in seguito a sei sentenze del Giudice di Pace, tutte sfavorevoli al Comune. Nella fattispecie si tratta di ricorsi presentati da cittadini multati per la mancata esposizione del ticket sulla sosta oraria: sei contravvenzioni in tutto, quattro comminate dagli accertatori della sosta a pagamento, due dalla Polizia Municipale di piazza Schettini.

Ricorsi vinti dagli stessi utenti con un aggravio complessivo per il Comune di 1.750 euro. Una spesa destinata purtroppo a lievitare tenendo conto di quello che è l’orientamento prevalente del Giudice di Pace di via Lepanto sui ricorsi contro le multe per la mancata esposizione del tagliando nella sosta sulle strisce blu. Tutti accolti, come ci conferma un noto legale di Pompei.

“Nel corso del 2010 – spiega l’avvocato Angelantonio Imperatoreho patrocinato una ventina di ricorsi e tutti con esito favorevole per il ricorrente. La stessa situazione si ripete per la maggior parte dei miei colleghi. Sta di fatto che non tutti i cittadini decidono di presentare ricorso, in quanto scoraggiati dal contributo unificato di 30 euro che bisogna versare all’infuori degli 8 euro per la marca da bollo. A quel punto alcuni preferiscono pagare la multa”.

Venti ricorsi tutti sfavorevoli e parliamo di un solo studio legale. Analizzando una sentenza tipo emessa dal Giudice di Pace di Pompei nel caso di specie, si può comprendere la ragione di questo suicidio finanziario. Premesso che ogni ricorso contro le sanzioni amministrative comminate per la mancata esposizione del tagliando di pagamento per la sosta all’interno delle “strisce blu”, si richiama alla sentenza n. 116 del 9 gennaio 2007 delle Sezioni Unite della Cassazione. Con la stessa viene dichiarato nullo il verbale di accertamento e contestazione per sosta vietata in un’area di parcheggio a pagamento se nella zona non è presente anche un’area di parcheggio libera.

Un provvedimento contestato dai legali del Comune, per i quali l’obbligo di compresenza di aree destinate a parcheggio libero non sussiste per le zone definite “A” dall’art. 2 del D.M. 1444/68 ed in altre zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico.
L’articolo 2 del suddetto decreto ministeriale riserva quest’eccezione per “quelle aree urbane che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale”.

Un richiamo giusto, secondo i giudici di via Lepanto, al quale però dovrebbe corrispondere una delibera ad hoc della Giunta che individui le zone di particolare rilevanza urbanistica. Al contrario, come si legge in un dispositivo di sentenza, “il Comune si limita a citare le normativa sopra richiamata, ma non prova con documentazione idonea che la Z.P.R.U. sia sia stata individuata e fatta oggetto di delibera. In assenza di tale prova non può classificarsi Z.P.R.U., l’area ove è stata contestata l’infrazione, nella quale pertanto sussiste l’obbligo di un parcheggio libero nelle immediate vicinanze”.

La questione dei ricorsi è ormai ben nota all’esecutivo di Palazzo de Fusco e lo stesso assessore al ramo non nasconde le sue perplessità su questo e su altri aspetti della gestione della sosta a pagamento, affidata alla società Aipa S.p.A., che sembrano penalizzare l’ente comunale.

“Come previsto dal capitolato sottoscritto due anni fa – riferisce l’assessore all’Urbanistica e Parcheggi Giuseppe Tortoraall’Aipa spetta il 30% della multa elevata: ad esempio su 35 euro, 11 euro e rotti vanno alla società. Ciò avviene a prescindere che il Comune incassi o meno questa cifra; si può ben immaginare la perdita che ne consegue a fronte di una vasta mole di ricorsi accolti”.

Le riserve dell’ex esponente dell’Udc, passato alla maggioranza l’estate scorsa, non si fermano qui.
“Sempre in base al suddetto capitolato – riprende Tortora – l’Aipa corrisponde al Comune circa 800mila euro all’anno, un canone spropositato rispetto alle normali entrate di una società di questo tipo. Difatti, la rendicontazione trimestrale delle loro entrate li vede costantemente in deficit, e anche per questo hanno chiesto al Comune una riduzione del canone. Mi sto facendo portavoce di questa problematica all’interno della maggioranza e con la stessa dirigenza dell’Aipa siamo impegnati a studiare soluzioni valide che tengano conto delle rispettive esigenze”.

 
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Commenti (3)


  1. bene!! facciamo tutti ricorso, tanto alla fine meglio dare 38 euro direttamente allo stato che non a queste società private in fallimento, tanto lo si sa da tempo che l’aipa scapperà presto fra pompei e scafati.


  2. Personalmente mi auguro che l’Amministrazione comunale ponga fine a questa situazione perché nel concreto sono sempre soldi nostri che se ne vanno in fumo.


  3. Rettifica:
    L’avvocato Angelantonio Imperatore tiene a precisare che da circa un anno per presentare un ricorso al Giudice di Pace si deve allo Stato un contributo unificato di 33 euro, subentrato al precedente dei 30 euro + 8 della marca da bollo non più in vigore.
    La redazione si scusa per l’errore.

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