Prosegue l’attività investigativa sulla gestione commissariale dell’area archeologica di Pompei. Ieri mattina l’ennesimo blitz della Guardia di Finanza negli uffici della Soprintendenza per acquisire la documentazione relativa alle spese sostenute dall’agosto 2008 al luglio 2010, durante la gestione commissariale affidata dapprima all’ex prefetto Renato Profili e successivamente a Marcello Fiori.

Sotto la lente degli investigatori ci sono le spese per i restauri, in particolare quello del Teatro Grande, contestato per la sua invasività rispetto al profilo originario del monumento, e quelle per finanziare i corsi di formazione per il personale del 2006-2007, “corsi fantasma”, secondo la magistratura inquirente, utilizzati per mascherare il pagamento di ore di straordinario a 265 addetti alla vigilanza. In questo secondo filone risultano indagati i dipendenti insieme all’allora direttore amministrativo Luigi Crimaco.

Nel mirino della Corte dei Conti, invece, sono finite le spese di gestione amministrative del commissario Fiori. Un’ispettrice, incaricata dal massimo organo di controllo amministrativo e finanziario dello Stato, ha il compito di spulciare gli atti del commissariato per verificare il corretto utilizzo dei fondi di gestione dell’ente scavi.

Una vasta operazione giudiziaria che ha preso le mosse l’indomani dei gravi crolli avvenuti nell’area archeologica, in particolare quello alla schola armaturarum, seguito da altri alla domus del moralista e lungo via Stabiana.

La ricerca dei responsabili di questo grave degrado degli scavi è affidata ai Carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata, le cui indagini si sono concentrate soprattutto sui lavori di restauro alla schola armaturarum compiuti nell’estate del 2009. In merito a ciò, su delega della Procura della Repubblica oplontina, i militari agli ordini del capitano Luca Toti hanno notificato nove avvisi di garanzia ad altrettanti indagati.

Il provvedimento emesso dal pubblico ministero Stefania Di Dona coinvolge dirigenti e tecnici che hanno avuto un ruolo nei suddetti lavori di restauro, tra cui il direttore degli scavi Antonio Varone e l’ex soprintendente Pietro Giovanni Guzzo, in carica fino al 2009.
Per tutti il reato ipotizzato è di crollo colposo, dovuto alla mancanza di controllo e manutenzione sulla struttura.

 
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