In occasione della 24ª edizione delle Giornate FAI di Primavera, nei giorni 19 e 20 marzo 2016 Apricena è stata una delle sei località della Provincia di Foggia (oltre a San Severo, San Paolo di Civitate, Torremaggiore, Vieste e Cerignola) in cui sono stati aperti dei beni significativi del proprio patrimonio culturale ed ambientale e sono state organizzate le rispettive visite guidate ed iniziative collaterali. I beni apricenesi oggetto dell’iniziativa culturale e delle visite guidate, curate dagli apprendisti ciceroni del locale I.I.S.S. “Federico II”, sono stati:
- il centro storico della città con il Palazzo Baronale, il Palazzo della Cultura e la Chiesa Madre dei SS. Martino e Lucia;
- il sito archeologico di Castel Pagano, ubicato su di uno sperone del Gargano sudoccidentale, a 545 metri di altitudine, da cui si gode un ampio panorama;
- il Monastero di San Giovanni in Piano, situato su un’altura a pochi chilometri ad ovest da Apricena, presso le cave di marmo, e raggiungibile sia dalle stesse sia attraverso un tratturo che si diparte dalla SP 36 che collega l’abitato apricenese con San Paolo di Civitate.

Il Monastero di San Giovanni in Piano sorse in quel punto in quanto vi passava un antico percorso che di qui proseguiva verso Castel Pagano, Stignano, la Via Sacra dei Longobardi e terminava alla Grotta-Santuario di san Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo. Secondo una leggenda il conte di Lesina Petrone, perdutosi tra gli impervi sentieri ed essendo affamato ed assetato, fu aiutato e confortato da un anonimo eremita, ragion per cui egli nello stesso luogo fondò il monastero nel 1050, come si evince dalla Platea dell’Archivio comunale di Lesina. Il complesso religioso fu dedicato a San Giovanni Battista nel 1077, quando ricevette in dono diversi feudi e territori dal Conte Petronio. Nel 1221 ottenne dall’imperatore Federico II di Svevia il riconoscimento del possesso delle terre acquisite in passato. Verso il 1280 il monastero passò ai Celestini che lo ripopolarono, lo ristrutturarono e ne ampliarono le pertinenze. In tale periodo che è attestata la presenza dell’abate Pietro da Morrone, futuro papa Celestino V, il quale dopo la rinuncia al papato, si fermò nella sua fuga a San Giovanni in Piano il 24 aprile 1295. Di qui, per i secoli successivi le vicende del monastero apricenese si complicarono. In primis fu oggetto di una controversia giurisdizionale tra le diocesi di Lucera e di Civitate, che venne risolta nel 1332 con il riconoscimento dell’appartenenza dello stesso e delle sue pertinenze all’ordine dei Celestini. Dopo aver subito numerose angherie dalla nobiltà locale e pericolose scorrerie da parte dei Turchi, verso la fine del XIV secolo, i religiosi celestiniani, decisero di abbandonare S. Giovanni in Piano e di trasferirsi nel più sicuro Monastero della SS. Trinità situato nella città di San Severo, allora “terra regia”. Circa tre secoli più tardi, il Monastero di San Giovanni in Piano fu sconvolto dal terremoto del 30 luglio 1627. Riparato tra il XVII ed il XVIII secolo , nel 1807, esso fu colpito dalla soppressione napoleonica e perciò sfollato e definitivamente abbandonato.

Attualmente l’intero complesso monumentale monastico versa in uno stato di degrado e necessità di essere recuperato. L’edificio principale consiste in un palazzo monasteriale, attualmente pericolante e perciò non accessibile, che si sviluppa su due livelli di cui quello superiore è stato oggetto della ricostruzione conseguente al terremoto del 1627, con l’eccezione delle monofore medievali in pietra, murate e poste sul prospetto principale. Al primo piano del palazzo, accessibile sia con una scala interna sia con una esterna di epoca settecentesca, posta sul prospetto orientale, sono riconoscibili i resti di una cappella settecentesca con ornamenti a stucco.

Ad ovest del palazzo monasteriale, partendo dall’apertura sinistra più a sinistra della facciata principale, si estendeva la chiesa, di cui oggi rimangono solo i segni a terra delle murature, la quale era costituita da un organismo con semplice facciata ed interno a navata unica con tetto a capanna probabilmente sostenuto da capriate lignee.

Il resto del complesso monastico è costituito da altri ambienti adibiti attualmente a stalle e/o ricovero mezzi agricoli e, sul lato settentrionale, da una enorme cisterna per l’approvvigionamento dell’acqua. Tutto il complesso monastico è inoltre racchiuso da una cinta muraria in pietra, lunga oltre 300 m, che gli conferisce l’aspetto di una fortezza.

Il presente fotoreportage è integrato dalle sottostanti sei immagini aventi per oggetto:
l’ex complesso abbaziale di San Giovanni in Piano (foto n. 1);
il palazzo monasteriale (foto n. 2);
una finestra del piano superiore del palazzo, recante uno striscione del FAI (foto n. 3)
una capra mentre si affaccia ad un’altra finestra dello stesso piano (foto n. 4);
il portale d’ingresso del palazzo (foto n. 5);
le strutture murarie perimetrali di un ambiente unico posto lungo le mura di cinta del complesso monastico, a sudest del palazzo (foto n. 6).

 
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