Matilde Sorrentino: l’antefatto, il processo, l’omicidio
“A 7 anni mio figlio Diego faceva ancora la pipì a letto” racconta Antonio, manovale, 40 anni. “Era aggressivo. Andava in bagno solo se accompagnato da mamma o papà. Ma prima dei bisogni portava in corridoio tutti i soprammobili e persino lo spazzolone del wc. Abbiamo capito il perché solo mesi dopo: ci ha confessato che era vittima dei bidelli della scuola elementare che frequentava a Torre Annunziata. In 19 hanno abusato dei piccoli in cantina, nei garage, nei bagni. Scoperti nel 1997, dopo che mia moglie e altre tre madri a testa alta li hanno denunciati, sono stati condannati fino a 14 anni di carcere”.
Ma l’incubo era appena iniziato. Sette anni dopo, il 26 marzo 2004, una delle madri, Matilde Sorrentino, viene assassinata con sei colpi di pistola sulla porta di casa. Suo figlio, salendo le scale incrocia il killer che scappa con la pistola ancora tra le mani. Il ragazzo gira le ultime due rampe e trova il corpo della madre senza vita sul pianerottolo. Da quel giorno lui con la sorella, e le altre famiglie che avevano denunciato la banda di pedofili vivono sotto protezione.
“Certo, in un paese normale dovrebbero essere i criminali a essere allontanati, non noi vittime. Qui invece funziona tutto al contrario. I delinquenti continuano i loro affari, vanno in giro per il paese. Noi insultati per strada, minacciati per convincerci a ritirare le denunce. Con mia moglie persino inseguita dai parenti dei pedofili. E il paese faceva finta di niente. Prima siamo stati trasferiti in una residenza, quindi in un’odissea di casa in casa. All’inizio, i primi mesi, abbiamo vissuto come in vacanza: era estate, eravamo spensierati. Poi l’equilibrio della mia famiglia ha iniziato a traballare. Litigavamo per piccole cose. Gli psicologi ci seguivano e curavano: mia moglie per quasi 2 anni, mia figlia tuttora. Mio figlio invece da quando ha compiuto 11 anni non parla più degli abusi. Ha come cancellato, messo in freezer quelle violenze: Ho fatto il processo? mi ha urlato una volta. Ho incontrato gli psicologi? Adesso non ne parliamo più. Durante il processo avevamo gli esperti in coda fuori la porta per sentirlo. Offrivano assistenza solo per accertare gli abusi, mica per guarire il piccolo. Lui oggi ha 18 anni è chiuso, poco riflessivo, incapace di portare a termine un progetto, un lavoro, fra scatti d’ira e frequente perdita della concentrazione. Vive con il suo doppio trauma: prima la pedofilia poi il cambio di vita con perdita di amici, parenti, compagni. È solo”.
Vivevano tutti nello stesso quartiere, a poche centinaia di metri. A dieci anni da quell’atto di coraggio che portò tre madri a denunciare le violenze subite dai figli per mano di una banda di pedofili, si incontravano ancora, tutti i giorni, tra i palazzoni popolari di Torre Annunziata. Ogni giorno, le mamme, che sono state capaci di farli condannare, incrociavano le occhiate torve dei familiari di quegli uomini, si portavano appresso maledizioni e bestemmie al solo passare sotto la casa di gente come i Falanga o i Sansone.
La storia venne alla luce nel giugno del 1997. In una scuola elementare del rione dei Poverelli, chiamato così perché insediamento di mendicanti fino al boom edilizio dei primi anni Sessanta, si consumavano abusi e violenze nei confronti degli scolari, di età compresa tra i cinque e i sette anni. Luogo delle sevizie, un garage dove le vittime venivano legate e incatenate a un pannello di legno. Succedeva da tempo, nel silenzio colpevole di tanti, finché uno dei bambini si confidò con la madre e poi con i carabinieri: ”Non voglio più andare a scuola, ho paura, mi fanno del male”.
Le pene più pesanti furono inflitte a Pasquale Sansone, bidello della scuola (15 anni di reclusione) e a Michele Falanga, titolare di un bar (13 anni), ma gli imputati furono scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare. Trascorsero poche settimane e in due distinti agguati, il 26 e 27 luglio, Ciro Falanga e Pasquale Sansone furono uccisi. Due omicidi (rimasti irrisolti) con un unico movente: chi ha ammazzato, sostennero gli inquirenti, lo ha fatto per punire i seviziatori dei bambini.
Tutti a Torre Annunziata sapevano tutto: di lei e delle altre mamme.
A partire dall’autunno del 1996, quando Matilde e altre due decisero di denunciare le sevizie subite dai figli in un garage come nei bagni della scuola o in appartamenti non lontani da casa. Gli alunni della scuola elementare venivano ubriacati, drogati e poi violentati. Fino al giorno in cui alcuni di loro raccontarono delle siringhe con le quali venivano minacciati, degli angioletti appesi alle pareti, del copriletto rosso. Quel giorno d’autunno, Matilde e le altre presero il treno per Napoli dirette al Comando dell’Arma. Al processo furono insultate, spintonate, quasi aggredite dai familiari degli indagati. Si sfiorò la rissa, furono costrette nell’angolo più sicuro dell’aula, mentre gli altri inveivano. Intanto, altri genitori trovarono il coraggio di denunciare.
Una delle madri di Torre Annunziata scrisse, a nome di tutte, una lettera a don Fortunato Di Noto, il prete diventato famoso per la sua lotta contro la pedofilia. “Non e’ facile convivere con loro; ci sentiamo deboli e incapaci, non abbiamo avuto sostegno di nessun tipo, anche se abbiamo collaborato tra mille difficoltà. Ci sono momenti che ci sentiamo perduti, abbandonati anche da Dio. Quale sarà la parte migliore da mostrare ai nostri figli dopo quello che hanno subito, e dopo che la società se ne frega di loro, obbligando al silenzio e alle imposizioni chi combatte per il rispetto della persona umana?”.
E ancora: “Non sempre tutti hanno la forza di continuare e andare avanti, c’e’ chi si tira indietro per vergogna, per vigliaccheria, perché si è costretti a farlo, ci sono tante risposte che tante volte non riusciamo più a darci, c’è una sola cosa che ci tiene ancora in piedi: la lealtà con la quale abbiamo iniziato; la verità che hanno raccontato i nostri figli ci fa sperare ancora nella giustizia”.
“Perché non ve ne andate lontano?” chiedevano i vicini a Matilde, che aveva i fratelli a Milano. Ma il suo atto di coraggio non era stato solo l’aver sfidato i pedofili. Era anche l’aver scelto di restare e girare per strada a testa alta, pur tra le occhiate torve, le bestemmie e le maledizioni. Da un condominio all’altro, lavando androni e scale. Un venerdì sera, alle otto e venti, Matilde è andata ad aprire la porta di casa pensando che fosse il figlio. C’era invece la morte!
FATTI: LA STORIA DI PEDOFILIA
Scuola elementare del Rione dei Poverelli (terzo circolo didattico di via Isonzo) di Torre Annunziata.
Nel 1996 tre bambini (età fra i 5 ed i 7 anni) furono scelti da una banda per avviare una produzione di materiale pedopornografico, con l’ausilio di un bidello che indicò quelli più poveri, e di Pasquale Sansone, all’epoca impegnato in lavori socialmente utili in un’altra scuola della zona, che li adescava promettendo loro 1.500 lire “per il gelato” se lo avessero seguito “e fossero stati gentili”.I bambini caddero in trappola e vennero violentati prima nel cortile della scuola, poi in una casa gestita da alcune donne; lì furono costretti a subire inenarrabili violenze e a partecipare a orge, ripresi da un cameraman. Venivano anche ubriacati e drogati. Luogo delle sevizie, un garage dove le vittime venivano legate e incatenate a un pannello di legno, ma anche nei bagni della scuola o in appartamenti non lontani da casa.
LA DENUNCIA
Uno dei bambini si confidò con la madre (insospettita da strani lividi ai polsi ed alle caviglie del figlioletto), che si rivolse ai Carabinieri di Torre Annunziata. Dopo una serie di colloqui intercorsi tra la signora Annunziata ed il maresciallo, questi preparò un’informativa che spedì alla procura della Repubblica di Torre Annunziata; il magistrato incaricato ritenne che non vi fossero sufficienti elementi per giustificare un’inchiesta, chiedendo così al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione del caso; la determinazione del genitore “Non sapete cosa significhi scoprire che tuo figlio racconta il vero. Che le sue pause, le sue assenze, i suoi pianti improvvisi hanno orrende cause. Che nel luogo dove tu lo mandi fiduciosa c’è il male” e la tenacia del maresciallo Michele Camerino permisero però di acquisire ulteriori elementi, che resero possibile la riapertura dell’inchiesta. La prima madre venne inoltre affiancata in seguito da altre due madri, che denunciano ai carabinieri nell’autunno del 2006.11 giugno 1997 il blitz: arresto di 17 persone (12 uomini e 5 donne).
ACCUSA
L’accusa fu rappresentata:
- dal procuratore dott. Alfredo Ormanni;
- dal Pubblico Ministero dott. Ciro Cascone (Procura di Torre Annunziata, in seguito alla Procura per i minori di Milano) – prima di un confronto in Tribunale, inviò le donne e i loro bimbi in un albergo di Procida, per proteggerli dalle pressioni e dalle minacce;
- dal Pubblico Ministero dott.ssa Picardi;
- dal Maresciallo dei Carabinieri Michele Camerino;
- da don Francesco Gallo parroco del quartiere (raccolse le denunce delle madri dei piccoli);
- le 3 “madri coraggio” accusatrici della prima fase: Annunziata (la prima accusatrice), Bianca e Matilde (assassinata il 26.3.2004);
- 3 bambini i quali assistiti da uno psicologo, confermarono le accuse durante l’incidente probatorio, riconoscendo gli aguzzini al di là dei vetri schermati.
INDAGINI
Perizie con lo psicologo, sopralluoghi, carabinieri travestiti da assistenti sociali nelle aule della scuola.
30 luglio 1997: il maresciallo Camerino a fini investigativi effettua tramite i bambini vittime il riconoscimento visivo di Catello Rapacciuolo (fotografo), come partecipante alle sevizie. Si solleva il dubbio dell’illegalità di tale procedura (oggetto anche di interrogazione parlamentare), di cui si apprende solo nel luglio 1998 dalla deposizione dei bimbi stessi. I Pubblici Ministeri incaricati (Cascone e Picardi) hanno negato che queste indagini fossero state autorizzate dalla Procura.
Due settimane dopo anche il Rapacciuolo viene formalmente indagato (l’ordinanza di custodia cautelare sarà emessa per lui il 6 settembre 1997, sarà annullata il 5 giugno 1998 dalla Cassazione, ma il Tribunale di Napoli in data 11 agosto 1998 decide di non scarcerarlo. Non saranno mai reperite in suo possesso prove fotografiche delle sevizie.
15 luglio 1998: deposizione protetta dei minori.
28 ottobre1998: la deposizione del maresciallo dei carabinieri Michele Camerino, viene interrotta dal PM Cascone, che ha reso noto al collegio giudicante che il maresciallo era sottoposto a procedimento penale per il reato di falso in atto pubblico per aver compiuto quelle indagini non autorizzate dalla procura. Questo provvedimento sarà poi archiviato il 3 novembre 1998.
15 dicembre 1998: Interrogazione parlamentare di Marco Taradash, che esprime dubbi sulla carcerazione preventiva di Catello Rapacciuolo (il fotografo).
PROCESSO
Il primo processo (Procedimento n. 3289 del 1997, V Sezione Penale del Tribunale di Torre Annunziata per associazione a delinquere finalizzata al compimento di atti di violenza sessuale su minori) terminò con la sentenza del 9 giugno 1999: condanna di 15 dei 17 imputati (dai 4 ai 15 anni di carcere) assolto il fotografo ed un bidello.
13 anni per Ciro Falanga e 15 anni per Pasquale Sansone però subito scarcerati per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva, in attesa dell’appello. Poche settimane dopo avviene il doppio omicidio, di Falanga (ammazzato il 26 luglio1999, nella propria tabaccheria in via Plinio 49 con due colpi al capo e uno al corpo) e Sansone ( ammazzato il giorno dopo al Falanga, il 27 luglio 1999, in Traversa Plinio 3), freddati da killer.
Le indagini furono indirizzate soprattutto negli ambienti della camorra locale, che in tal modo si sarebbe voluta anche accreditare agli occhi della gente, ipotizzarono gli investigatori, come antistato capace di applicare una giustizia sommaria, efficace e a suo modo esemplare rispetto a quella dello Stato.
Il Parroco, don Francesco Gallo, venne indagato dalla Procura per vilipendio dell’ordine giudiziario. Il sacerdote fu incriminato per aver detto che “lo Stato ha armato la mano dei killer”.
Il primo processo si conclude in Cassazione nel maggio del 2003, con la conferma della condanna per 14 degli imputati.
In seguito alle vicende del primo processo, altri genitori trovarono il coraggio di denunciare. Molti degli stessi imputati finirono dunque in un’altra indagine della procura di Torre Annunziata, per violenze carnali nei confronti di altri quattro bambini.
22 Dicembre 2004 – Il Tribunale di Torre Annunziata (collegio presieduto dal giudice Maria Vittoria De Simone) e nel 2009 la Procura generale di Napoli sentenzia in via definitiva:
Assolti tre imputati, prosciolti 4 perché defunti, di cui 2 ammazzati (gli inquisiti principali) e due deceduti di morte naturale. Diventano il 19 Febbraio 2009 esecutive le condanne in appello per 10 imputati e vengono arrestati dall’arma dei carabinieri:
- Pasquale Mellone all’epoca dei fatti di anni 31 anni condannato a 11 anni arrestato a Torre Annunziata,
- Giosafatte Improta all’epoca dei fatti di anni 23 anni condannato a 4 anni arrestato a Sermoneta,
- Giosafatte Improta all’epoca dei fatti di anni 25 anni condannato a 4 anni arrestato a Monza,
- Teresa Iozzino all’epoca dei fatti di anni 38 anni condannata a 3 anni arrestata a Torre Annunziata,
- Giovanna Casillo all’epoca dei fatti di anni 65 anni condannata a 3 anni arrestata a Torre Annunziata,
- Nunziata Cirillo all’epoca dei fatti di anni 48 anni condannata a 11 anni arrestata a Torre Annunziata,
- Romeo Cisale all’epoca dei fatti di anni 52 anni condannato a 2 anni arrestato a Boscoreale,
- Vincenzo Mellone condannato a 8 anni irreperibile,
- Genoeffa De Felice condannata a 3 anni irreperibile,
- Cirillo Chierchia già in carcere per usura ed estorsione .
IL FATTO: OMICIDIO DI MATILDE SORRENTINO
Il 26 marzo 2004 viene assassinata sull’uscio di casa una delle madri accusatrice, Matilde Sorrentino, da parte di un giovane (Alfredo Gallo), al quale la donna apre la porta pensando che fosse il figlio. Mentre il Killer scende le scale si incrocia con Salvatore, il figlio di Matilde.
L’ASSASSINO
Il killer della donna era tornato libero il 5 febbraio 2004, fu scarcerato dopo aver scontato una condanna a nove anni e quattro mesi per l’omicidio di un commerciante a scopo di rapina, compiuto all’età di 17 anni. L’episodio risale al maggio del 1995 ed ebbe per vittima Andrea Marchese, un commerciante di Torre Annunziata.
Durante la detenzione, nel settembre del 2001, a Gallo furono concessi gli arresti domiciliari, ma il giovane fu poi nuovamente arrestato alcuni giorni dopo per evasione, e riportato in carcere. Dal 5 al 19 febbraio del 2004, il giovane era in liberta’ controllata, sottoposto all’obbligo di firma, obbligo cessato appunto il 19 febbraio.
Nonostante abbia solo 26 anni, Gallo ha alle spalle una lunga serie di crimini, commessi fin da quando aveva 13 anni. Nel 1991 fu ritenuto responsabile di una estorsione ai danni di un commerciante di Torre Annunziata, con il ricorso a bombe carta a scopo intimidatorio. Nel 1993, a 15 anni, Gallo fu arrestato per furto in flagranza di reato. Due anni dopo, nel maggio del 1995, commise l’omicidio del commerciante, per il quale ha scontato nove anni e quattro mesi di carcere.
IL PROCESSO
La sentenza di secondo grado giunse dopo cinque anni. La corte accolse un’istanza della difesa Gallo accettando di ascoltare un altro testimone della difesa. In aula si presentò un 17enne, che riferì di aver trascorso la serata in cui fu commesso l’omicidio insieme a Salvatore, figlio di Matilde Sorrentino. Il ragazzo raccontò di trovarsi in un circolo ricreativo quando, ad un tratto, arrivò un uomo. Quest’ultimo chiamò in disparte Salvatore e lo informò della morte della mamma. Ascoltate questa parole , il figlio di Matilde scappò a casa. Il procuratore generale, Giancarlo Costagliela, non diede credito a questa dichiarazione: nel corso della requisitoria chiese di confermare l’ergastolo a Gallo e di indagare il 17enne per falsa testimonianza.
Nel Maggio 2005 furono i giudici della quinta sezione della Corte d’Assise di Napoli a condannare Gallo all’ergastolo, indicandolo come esecutore materiale dell’assassino di “Mamma Matilde”.
Le informazioni e i dati qui raccolti sono tratti da articoli di giornale dal Marzo 2004 a Febbraio 2011.
Categorie: Comunicati Stampa, Cronaca, In Evidenza.
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