Metropolitan, il “forfait” di Aurelio De Laurentiis
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Per anni è stato il centro propulsore di tutte le attività ricreative che si svolgevano a Torre Annunziata, quelle che portavano il suo nome alto nel resto della nazione. Oggi è solo il simbolo del degrado e dell’incuria, ridotto ad orinatoio e a scheletro dal passato segnato da lustrini e merletti.
Il Metropolitan è nel ricordo dei torresi il luogo simbolo della storia cittadina, il cui palco è stato solcato dai nomi più illustri del panorama artistico italiano. Il grande Antonio De Curtis, in arte Totò, diceva: “Se hai successo al Metropolitan di Torre, il pubblico ti accoglierà bene in ogni altro teatro italiano!”
A quei tempi era vero, ora non più! Ora ad accoglierti solo calcinacci, porte staccate e buttate ad ogni dove, finestre corrose, sedie divelte, ammassi informi di polvere e detriti di ogni genere.
Se i riflettori potessero riaccendersi, illuminerebbero un palco e un proscenio semi distrutti da pezzi di soffitto caduti, carrucole appese… forse ad attendere che qualcuno possa di nuovo metterle in funzione…altoparlanti arrugginiti, filari di sedie fradice e locandine di film scolorite ancora attaccate alle pareti.
Duemila posti a sedere, distribuiti su tre livelli, centotrenta metri quadri di palcoscenico, uno spazio sottoposto per gli orchestrali, camerini per gli artisti, saloni per mostre, e poi toilette, il botteghino, un bar interno…. Tutto ridotto ad un cumulo di detriti maleodoranti che sconvolgono la mente di chi lì vi entrava indossando il vestito delle grandi occasioni.
Ma facciamo un passo indietro nel tempo……
Il Metropolitan fu edificato sul finire degli anni ‘40, su quel che rimaneva di un mulino distrutto nel 1943 dai tedeschi in ritirata. Alberto Racconto, che per gli affari aveva gran fiuto, già proprietario di una azienda di semilavorati a Poggiomarino, nel novembre del 1947, insieme al commendator Ricciardi, acquistarono dalla Società Anonima Molini i ruderi del mulino Corsea, che vantava tra i proprietari il Conte di Sarno Muzio Tuttavilla (1600 ca) e il cavalier Annibale Fienga (1800 ca).
Insieme all’ingegner Pastena iniziò a lavorare ad un progetto di riqualificazione della struttura per trasformarla in un grande cine teatro, così come poi fece per la sua azienda di carpenteria meccanica anch’essa distrutta dai tedeschi in ritirata.
A Torre Annunziata creò il Metropolitan e a Poggiomarino, supportato dal cugino Enzo Bonaventura, paroliere delle famose canzoni Maruzzella e Scalinatella, per citarne solo alcune, creò l’Eliseo. Più tardi acquisterà con cavalier Prete anche l’Odeon di Scafati.
Ritornando al nostro Metropolitan, i lavori iniziarono nell’immediato dopoguerra. Il cavalier Racconto riusciva a reperire i materiali edili grazie ai suoi legami con le aziende del territorio e, agli inizi degli anni ‘50, riuscì ad inaugurare quello che per anni sarebbe stato il più bel gioiello di Torre Annunziata.
Centoventi milioni delle vecchie lire occorsero per trasformare il mulino in una struttura moderna e accogliente; il signor Alberto vendette molte sue proprietà nel capoluogo partenopeo per portare a compimento l’opera dall’identità tipologica in stile razionalista monumentale, che risentiva nella struttura degli influssi dell’architettura fascista.
All’uscita di scena del commendator Ricciardi, la struttura diventa proprietà della società “Racconto & Co” che riesce a portare sul palco oplontino da Totò a Nino Taranto, dalla Lollobrigida alla Loren, da Mike Bongiorno a Modugno. Opere liriche, operette vanno in scena ininterrottamente; insieme a Roma e Torino, Torre Annunziata è tra le prime città a presentare il cinema scope e anche Dino De Laurentiis la sceglie per la prima di “Jovanka e le altre”.
Il tracollo finanziario arriva nella prima metà degli anni ’80 con la crisi della cinematografia e l’avvento delle videocassette. La gestione del cinema da parte della famiglia Racconto Crescitelli – una delle eredi del cavalier Alberto, Anna Racconto sposò Andrea Crescitelli - diventa affannosa e la struttura segue a ruota il declino socio economico della città stessa.
(Foto d’epoca gentilmente concesse dall’architetto Giuseppe Crescitelli)
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Commenti (2)
nastri vincenzo 1981 scrive:
e’ possibile avere una pianta dell edificio all interno??? noi che siamo nati dopo che la struttura gia’ e’ fatiscente non sappiamo nulla come e ‘ fatto . io lancierei un messaggio a tutti imprenditori oplontini e commercianti di realizzare qualsiasi cosa l importante che ritorna a brillare il suo splendore, io lancio un mio piccolo progetto, di realizzare un centro commerciale con molti negozi che in quella zona manca tantissimo al popolo inserire : 1-fioraio; 1- ristorante e pizzeria , 1-posta, 1-sportello di banca, ed alcuni negozi si trasferirebbero in quella struttura tipo, bar, tabacchi, ortofruttucola, minimarcket, pasticceria, farmacia. cosi alla fine nascerebbero dei nuovi posti di lavoro. grazie.
Paola Perna (Redazione) scrive:
Ciao Vincenzo, diversi progetti di recupero sono stati presentati ma, purtroppo, la società che attualmente è proprietaria della struttura non riesce a trovare imprenditori validi per poter recuperare il teatro. Per ristrutturarlo ci vorrebbero diversi milioni di euro e solo un “nome grosso” potrebbe farlo. Purtroppo il degrado della zona non fa da sprono a questo ingente investimento e, al momento, tutto tace.