Antonio Irlando intervistato da Sky tg24

“Le pietre parlano”, si diceva una volta per spiegare il fascino e l’importanza dell’archeologia.
Oggi le pietre e gli intonaci di Pompei urlano per invocare soccorso, un aiuto concreto, per non sbriciolarsi come la “Schola Armaturarum”, per restare ancora tra noi, per aiutarci a crescere ed anche a mangiare.

Ma Tremonti non lo sa che nei territori dell’area pompeiana, della penisola sorrentina e in tanti altri luoghi, con la cultura e l’archeologia, si mangia e si beve pure, anche se bisogna fare ancora tanto perché cresca il senso di comunità solidale ed operosa per la buona gestione del patrimonio culturale.

Forse lo ignora anche il ministro Sandro Bondi quando afferma che altri crolli sono possibili (verissimo) e quando dimentica che il suo compito di Ministro è anche quello di lasciarsi flagellare pur di salvare il Patrimonio Culturale e finanche di dimettersi, non perché sia il colpevole diretto del crollo di Pompei, ma per gridare al Governo e ai suoi colleghi politici, dell’intero Parlamento, che difendere e dare un futuro ai Beni Culturali significa salvare la dignità e la storia di un’intera nazione, oggi derisa ed umiliata dall’opinione pubblica mondiale.

Non lo sanno nemmeno quelli della Protezione Civile che negli ultimi due anni, con poteri straordinari e con oltre 80 milioni di euro a disposizione non hanno fatto tutto il meglio possibile nella direzione della conservazione degli scavi archeologici. Si sono “distratti” in tante attività lontane dalla drammaticità dei problemi del sito archeologico e dell’indotto turistico, ma vicine alle esigenze di una effimera e devastante “spettacolarizzazione”. Hanno distratto risorse e talenti dall’obiettivo principale: avviare un serio e duraturo progetto di conservazione, possibile soltanto avviando una stabile organizzazione per la quotidiana manutenzione ordinaria degli scavi archeologici.

Chi viene da ogni angolo del mondo per vivere alcune ore in una città di duemila anni non chiede, certamente, di trovare stonate foto a colori lungo via dell’Abbondanza che coprono la facciata della casa dei “casti amanti” e nemmeno di entrare in un teatro che non è più antico, perché trasformato con la costruzione di una moderna gradinata, in un teatro da villaggio turistico che indigna quotidianamente visitatori, guide turistiche e i principali media stranieri.

I visitatori internazionali vengono a Pompei solo per camminare tra le testimonianze della città antica, perchè consapevoli che le ultime trovate di marketing, tra cui – pensate – anche costosissimi “effetti multisensoriali” (?), appartengono alle “giostre”, non alla realtà delle case e delle strade autentiche di Pompei, gli unici aspetti capaci di affascinare, emozionare e “spettacolarizzare” la storia, attraendo sempre più visitatori. Purché saremo capaci di non mostrare una città che crolla tristemente e vergognosamente per circa il 70%.

Per salvare Pompei non occorrono formule magiche e nemmeno artifici gestionali di dubbia utilità. Occorre semplicemente attuare tutte le prerogative contenute nella legge del 1997 che ha permesso l’autonomia gestionale di Pompei. In essa è già previsto l’apporto dei privati, il contributo degli enti locali, degli sponsor, degli esperti di marketing, dei manager e di ogni forma di collaborazione che renda Pompei viva non solo per pochi.

 
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