Anche quest’anno è arrivata, la primavera, e con lei è tornata puntuale anche la Giornata FAI, «Una grande festa di piazza dedicata ai beni culturali».

Anche quest’anno copioso l’elenco su cui poter fare la propria scelta: 900 beni aperti al pubblico. A noi non resta altro che decidere se optare per un castello, per una chiesa, per un parco, per uno scavo, per un museo…
Domenica 20 marzo ci dirigiamo verso…

Satricum è l’antico nome di Borgo Le Ferriere, nel comune di Latina. Vi sorgeva una fiorente città Volsca, quindi di età pre-romana, continuamente in conflitto con Roma in un periodo abbastanza turbolento in cui si andava delineando una solida identità Italica. Il tempio della Mater Matuta, costituiva il centro della religione della pianura intera. Il sito non era costituito solo dal suo tempio, era una vera e propria città che gli scavi archeologici condotti dalle Università olandesi stanno riportando alla luce.

Satricum fu scoperta nel 1896 da Hector Graillot. Felice Barnabei, Adolfo Cozza e Raniero Mengarelli condussero le prime ricerche (1896-98). Già nella prima campagna di scavo, Conrad Stibbe, riuscì a portare alla luce forse il più importante reperto della città: il “Lapis Saticanum”, un’iscrizione in latino arcaico dedicata a Publio Valerio. Il tempio di Satricum era dedicato ad una divinità che aveva un’enorme importanza per i popoli italici, la Mater Matuta, la madre del sorgere del sole, la madre del mattino, della vita che comincia e come tale, nume tutelare delle donne in gravidanza e della vita stessa. Ed è per questo che il tempio della Mater Matuta si trova al centro di quella che è stata definita l’Acropoli della città. Sull’acropoli si trovavano gli edifici di culto più importanti.

Satricum in età arcaica fu una delle città più importanti dal punto di vista storico, e fu una città che mantenne i contatti tra l’Etruria e le terre della Magna Grecia. Questa città aveva un’estensione di oltre quaranta ettari, e gli scavi olandesi stanno mettendo in luce il fatto che non solo l’Acropoli, ma anche le altre parti erano abitate. Sono state ritrovate, accanto alla Via Sacra, strutture di edifici, probabilmente abitazioni, ma queste strutture sono ancora tutte da studiare.

Risalenti al V secolo a.C., tra i pezzi ritrovati c’è anche un calice in ceramica usato per il vino che molto probabilmente fin dai tempi più antichi, aveva già una sua cultura tra queste antichissime popolazioni.

Dalle necropoli attigue al tempio sono stati rinvenuti circa 750 reperti. Ci narrano di una popolazione nomade, che viveva in capanne, che aveva il culto dei morti che seppellivano con moltissime suppellettili perché ad esserne agevolata doveva essere la loro vita successiva. Nella necropoli però non vi venivano sepolti i bambini. Il loro posto, anche dopo la morte, era vicino alla loro mamma per cui venivano sepolti intorno alla loro capanna.

Molti reperti tra quelli rinvenuti sono attualmente ospitati nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, altri sono esposti nel Museo ricavato dalla vecchia cartiera abbandonata del luogo, e che, grazie al FAI abbiamo scoperto e potuto visitare.
Realtà nuove ed entusiasmanti rese vive dai validissimi “volontari ciceroni” che in maniera esaustiva e doviziosa di particolari, ci hanno fatto vivere una meravigliosa ed antichissima esperienza, un’esperienza vecchia di quasi 3.000 anni!

Foto n. 1 – ricostruzione del tempio Mater Matuta
Foto n. 2 – verso l’Acropoli
Foto n. 3 – scavi del tempio
Foto n. 4 – fotogramma del video realizzato durante gli scavi e proiettato nel Museo
Foto n. 5 – cartina
Foto n. 6 – il “Lapris Satricanum” e il punto del tempio in cui è stato ritrovato ( contrassegnato dal cerchio rosso)
Foto n. 7 e 8 – ingresso all’ex-cartiera/museo
Foto n. 9 – sala del Museo
Foto n. 10 – teca con reperti

 
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