Maratona e Arte,che accoppiata fantastica.
Bellissima giornata che di meglio non si sarebbe potuta avere. Si stava in attesa che i volontari del FAI dessero inizio alla visita programmata alla Certosa di San Martino: Chiesa, Chiostro e il Giardino Orto che tutto il mondo ci invidia per la posizione strategica sul golfo più fascinoso del mondo, quello di Napoli.

Qualche foto scattata senza tante pretese permetterà di goderci il percorso sia per i luoghi interni che quelli esterni.
Ma iniziamo da Luisa, una cagnetta che la padrona non poteva portare all’interno della Certosa e che è stata accolta dai ragazzi del FAI, ben lieti di tenerla con loro fino alla fine del percorso interno. Docile e scodinzolante ha lasciato che le indossassero la casacca verde dei volontari ed è stata subito acclamata da noi, maratoneti sui generis, volontaria ad honorem.

La preparazione delle guide e la loro cordialità, come sempre in questi eventi, è stata fondamentale durante tutto il percorso. La bellezza delle opere esposte richiederebbe un trattato a parte, ma consentitemi di accennare a ciò che mi ha colpito: dai soffitti decorati e dipinti murali con stupende scene allegoriche, ai pavimenti di marmo pregiato, agli altari e alle cappelle laterali, al coro posto sul retro dell’altare maggiore, con speciali capacità acustiche per le geometrie adottate nella struttura delle pareti e del pavimento. Uno spettacolo di alto artigianato la parte museale con i presepi e i pastori presenti.
Le carrozze reali e gli stemmi mastodontici che, adornavano anticamente alcune porte di Napoli, lungo la cinta muraria della Capitale angioina e borbonica, ci conducono attraverso un ampio corridoio ai terrazzamenti che ti lasciano stupefatti in questo autunno ancora caldo e ricco di colori: l’antica e moderna città che, sotto una luce intensa e diffusa del sole in opposizione a chi guarda, sta distesa sotto ad essi imperturbabile, bagnata dal mare grigio azzurro, oggi piatto e che placidamente si lascia attraversare da barche a vela in escursione o aliscafi che si dirigono verso le magnifiche Isole del golfo.
Lui, il vulcano della nostra civiltà, il Vesuvio, con il classico pennacchio di nuvole sul cratere a simulare antichi fumi di fuochi lavici, si staglia sulla nostra sinistra con la sua elegante siluette, a protezione minacciosa rammentandoci che Gli apparteniamo.

Scendiamo adesso lungo il percorso che i monaci certosini hanno utilizzato per secoli, con una certa emozione perché normalmente è chiuso, aperto oggi per questa visita speciale organizzata dal FAI. Veniamo subito avvolti dal profumo delle uve ormai mature, bianche e nere, che pendono invitanti dai pergolati che ci ombreggiano il cammino: che piacere dell’animo passeggiare godendosi questo camminamento, con il tepore che ci avvolge, il gusto dei chicchi d’uva che riempiono le nostre mani e le nostre bocche, il panorama mozzafiato, la gioia dei bambini che fanno mille domande a chi, felice di rispondere, li accompagna.
Ecco, dopo una rampa di scale in antico tufo, consumato da impronte di uomini santi o monelli, apparire una bella fanciulla in casacca verde, che, circondata da cassette di mele annurche, tipiche campane, con un sorriso divertito ne offre una ad ogni visitatore: molti le addentano subito per gustarsi la croccantezza tipica di questo frutto degli Dei, qualche bambino osserva il genitore che mastica felice chiedendo, apprensivo, perché adesso si può mangiare la mela senza lavarla e con la buccia!

Più avanti, riparati e seduti sotto un portico terrazza, a forma ellittica, attenti maratoneti slow ascoltano rapiti il racconto di un’epoca trascorsa che un lettore, al centro del consesso, con piena ispirazione declama, mentre un fresco venticello ci porta alle narici un tenue profumo di mare e di erba appena tagliata.
Con rammarico si prosegue lasciando quell’oasi di pace e quasi per contrappunto al successivo incontro parole accese di indignazione ci portano alla realtà contemporanea: un valente agronomo e scrittore, Antonio di Gennaro, sta paragonando quella che una volta era la Campania Felix a quella di oggi devastata dal cemento selvaggio, dagli inquinamenti dei rifiuti tossici degli speculatori e dei politici corrotti o incapaci, di amministratori indegni del ruolo di responsabilità loro assegnato dalla comunità. Termina il suo appassionato discorso invitandoci a non rassegnarci, a non accettare che un’intera regione possa essere denigrata, perché sola una parte di essa e’ stata devastata e si dovrà pretendere che venga risanata, rammentandoci che difendendo la nostra terra , i nostri luoghi, difendiamo il nostro futuro e quello dei nostri figli.

Siamo giunti alla fine del percorso della Certosa ed all’uscita ci fanno proseguire per la discesa della Pedamentina, 414 gradini, che collegano la collina, su cui si erge anche Castel Sant’Elmo, al quartiere antico di Montesanto, dove ci attendono al Quartiere Intelligente, per un assaggio di prodotti campani e musica popolare: chiusura migliore non poteva esserci, con i bambini eccitati dai giochi organizzati anche per loro.
Lì ho ritrovato la cagnetta adottata dal FAI per quella giornata e che, felice, mi ha permesso di farle una foto in suo tenero ricordo.

 
© Riproduzione Riservata
 
 
 

Commenti (6)


  1. Come sempre un affascinante racconto. Sembra quasi una poesia… COMPLIMENTI! Peccato non esserci incontrati.


  2. Grazie Rosy,sei gentile…certo ci saremo incrociati durante il percorso. Se ti va di leggere un mio racconto l’ho pubblicato sul ”ilmiolibro.it”. Titolo ”Cogito perceptron” di Ugo Reppucci. :-)
    p.s. ci puoi arrivare anche mettendo il titolo su un motore di ricerca e iscrivendoti al sito potrai leggerlo per intero gratuitamente.


  3. Ma che descrizione, Ugo! Ieri sono stata affascinata dalla maratona, oggi mi hai affascinata tu con le tue meravigliose considerazioni espresse con parole di grande cultura: bravo!


  4. Grazie Kris, mi fa molto piacere che ti sia piaciuto…:-)


  5. Grazie Justina :-)

Lascia un Commento