L’attrice italiana Elena Sofia Ricci ha prestato la sua voce a poesie, racconti, e scritti di alcune detenute degli istituti penitenziari della Toscana che partecipano, chi solo da poco, chi ormai da anni ai laboratori di scrittura creativa e lettura organizzati all’interno delle strutture.

Martedì 4 giugno 2013, infatti, nella magnifica cornice della Sala di Lettura della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, e indetta dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Toscana, si è tenuta una giornata di incontro sul tema della scrittura all’interno del carcere

Sono intervenuti molti fra gli operatori e i volontari dei laboratori, con la partecipazione del personale degli istituti e di alcuni detenuti o ex detenuti che hanno condiviso a questa esperienza.
Erano presenti Carmelo Cantone, provveditore regionale del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria della Toscana; Letizia Sebastiani, direttrice della Biblioteca Nazionale di Firenze; Antonella Barone, funzionario pedagogico dell’Amministrazione Penitenziaria; Luciana Scarcia, docente nei Laboratori di Scrittura Creativa nel carcere di Rebibbia.
I Laboratori legati alla scrittura, sul territorio regionale toscano, son ben dodici e coinvolgono sezioni maschili, femminili, e con vario regime detentivo.

Uno dei punti principali dell’incontro era quello di gettare le basi per la costruzione di una rete fra i vari laboratori presenti in regione, con lo scopo di condividere esperienze, percorsi, risultati ed idee, che sono state tante, multiformi, emozionanti. Perché scrivere è importante, ma … perché scrivere in carcere?
Il carcere è uno degli ultimi posti dove si è obbligati a scrivere per comunicare con l’esterno, non è possibile usare altri mezzi che oggi sembrano normali e scontati a chi vive “fuori”: niente PC, niente internet o mail o cellulare, quindi lo scrivere è l’unico mezzo per comunicare bisogni, esigenze e per mantenere contatti con i propri familiari.
Ma anche se scrivere rimane l’unico mezzo “libero” per comunicare con l’esterno, altra cosa è lo Scrivere per raccontare qualcosa di sé, dei propri pensieri, desideri, sogni; quindi i laboratori di scrittura creativa sensibilizzano i detenuti e offrono gli strumenti per scrivere anche i propri sentimenti ed emozioni.
Attraverso la scrittura i detenuti “liberano” quella parte di sé che è sepolta sotto strati di dolore, difficoltà, colpa, sopravvivenza e attraverso di essa recuperano energie positive, che consentono di sopravvivere ai giorni rinchiusi dietro le sbarre e spesso delineano sogni ed obiettivi per la loro vita “dopo”, una volta usciti dal carcere.
I laboratori di scrittura, nel confermare la valenza dell’art. 27 della carta costituzionale riguardante la necessità di garantire il reinserimento sociale dei condannati, possono essere anche una occasione per portare all’attenzione dell’esterno della spinta creativa presente in tutti gli esseri umani e della ricchezza insita anche in coloro che sono rinchiusi fra le mura delle carceri.

La scrittura assume varie vesti nelle carceri toscane ed italiane: scrittura creativa, autobiografia, rappresentazione teatrale, poesia. E molti di questi racconti, memorie, sceneggiature, poesie potrebbero costituire materiale molto interessante per tutti e non solo per gli addetti ai lavori del sistema carceri.
E’ stato questo l’altro tema proposto ai vari Laboratori che sono intervenuti nell’incontro presso la Biblioteca Nazionale di Firenze: “Come costruire un ambiente favorevole a raccogliere e portare all’esterno esperienze del genere?”
In molti hanno raccontato del coinvolgimento di persone esterne nei momenti dedicati ai corsi di scrittura, nella maggior parte dei casi, ragazzi e ragazze delle scuole presenti sul territorio di competenza dell’Istituto di detenzione. E di come questo sia stato spesso un momento importantissimo sia per i detenuti e le detenute, sia anche per gli studenti che hanno avuto possibilità di vedere e iniziare a capire un luogo decisamente alienante e doloroso.

A seconda del percorso intrapreso all’interno del laboratorio, delle disponibilità economiche che hanno finanziato i vari progetti e della capacità creativa dei partecipanti ci sono stati molti risultati: chi ha pubblicato un libro di raccolta delle poesie o dei racconti, chi ha iniziato a scrivere una rivista, chi ha prodotto uno spettacolo teatrale a volte rappresentato anche per un pubblico esterno, chi dando libero sfogo alla fantasia ha scritto e raccolto poesie su pezzi di lenzuoli del carcere, cuciti e abbellito da elementi tipo patchwork, quasi un antico cartellone dei cantastorie, per far andare in giro le loro parole.
E che le parole scaturite da questi laboratori fossero parole piene di pathos e di valori condivisibili da tutti è stato ben chiaro durante le letture dell’attrice Elena Sofia Ricci durante alcuni momenti dell’incontro.
“Ringrazio tutti per avermi offerto questa possibilità. Sono onorata e intimidita anche, nel dare voce a persone così ferite”, ha detto l’attrice.
E le emozioni son state forti, come nell’ultima lettura fatta sull’accompagnamento delle musiche di Massimo Altomare, della poesia “Il Braccialetto”che ha commosso tutti, era la poesia di una mamma in carcere sulla sua bambina che l’aspetta fuori, piena di amore ed anche di sofferenza.

Gli scatti di questo fotoreportage:
1 – Elena Sofia Ricci introduce il suo ruolo di lettrice;
2 – Carmelo Cantone, provveditore regionale del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria della Toscana, apre i lavori;
3,4,5,6,8,9 – momenti vari della serata;
7 – il patchwork prodotto da uno dei laboratori, con le poesie e i pensieri dei detenuti di uno dei laboratori;
10 – la lettura finale della poesia “Il braccialetto” accompagnata dal musicista Massimo Altomare.

 
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Commenti (1)


  1. bel fotoreportage alex!

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