Da Pompei a Scampia nel nome della legalità e dello sport. E’ l’esperienza che ha coinvolto 12 alunni della scuola media statale “Matteo Della Corte” e tre della media Bartolo Longo, recatisi in visita alla nota palestra Maddaloni, sita nel cuore di uno dei quartieri più a rischio di Napoli.

Un’iniziativa inserita nel progetto “Le(g)ali al Sud”, che vede protagonisti gli studenti della scuola media di via Astolelle, diretta dalla preside Francesca Martire, e come partner del progetto la sezione campana del coordinamento nazionale antimafia “Riferimenti”, diretta dall’avvocato Rosario Alfano.

Ad accogliere la delegazione, guidata dallo stesso Alfano e dalla prof.ssa Anna Tarasco, è stato il maestro di judo Giovanni Maddaloni – padre del famoso judoka Pino oro olimpico a Sidney 2000, e di Marco e Laura, anch’essi campioni di rango internazionale – che, prima di iniziare la visita, ha raccontato ai suoi piccoli ospiti la storia della palestra e il ruolo che ancora oggi assolve nel tenere lontani centinaia di ragazzi dal richiamo della criminalità organizzata.

“In questa zona, non esistevano palazzi – ha ricordato Giovanni Maddaloniqui l’unica realtà era il verde, con i suoi maestosi alberi. Io vengo da un rione poco distante da qui, chiamato rione san Gaetano, che fu uno dei quartieri ultrapopolari della periferia napoletana. All’età di 4–5 anni iniziai a “bazzicare” le strade di questo posto, dove regnava la “Scugnizzeria” ma anche regole particolari che comunque ti permettevano di stare in mezzo alla strada”.

Po si sofferma sulla funzione sociale della sua palestra che lui stesso ha ricavato da un edificio destinato alla lavorazione del legno, con il fermo proposito di realizzare qualcosa di positivo per il suo martoriato quartiere.
“Questo centro è un avamposto di legalità – riprende Giovanni – Su quel cartello posto alle mie spalle è impresso un codice comportamentale da cui non si può sfuggire. Chi non lo segue, viene immediatamente messo alla porta. Sapete perché questo centro l’abbiamo chiamato clan? – chiede ai ragazzi – Perchè in scozzese la parola clan significa gruppo che si rivede in regole e valori comuni all’opposto di quelli malavitosi.

Di qui conclude esaltando il valore dello sport come mezzo educativo e occasione di riscatto sociale.
Tutti noi, insieme, dobbiamo lavorare per credere nel bene degli altri – spiega Maddaloni – Noi nello sport insegniamo a voler bene al compagno. In questa struttura purtroppo ci sono stati dei fallimenti, ci sono stati dei ragazzi che hanno rubato nonostante il nostro aiuto. Aiutarli per permettergli di rifarlo nuovamente, significa prendere in giro se stessi. Quello che cerchiamo di trasmettere – conclude – è di affrontare la realtà per quella che è, puntando alla crescita attraverso il dialogo con gli altri”.

Successivamente i ragazzi hanno preso parte a una dimostrazione di un incontro di judo. Prossimo appuntamento il 3 aprile, sempre nell’ambito del progetto “Le(g)ali al Sud”, con la visita al Tribunale per i minorenni di Napoli, ai Colli Aminei.

(Foto di Paolo Borrelli)

 
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