Carissimi Crescenzio e Beniamino,
mi rivolgo a voi in maniera totalmente informale come fratelli in Gesù Cristo; in realtà non sono “credente” in senso letterale, perché pur credendo fermamente nel Suo insegnamento e pur cercando di praticarlo tutti i giorni, non riesco a credere che sia Dio. Non ho ancora la “fede”… ma spero di raggiungerla prima di sera.

Da anni sono impegnato nella cosiddetta antimafia sociale e ammiro la vostra costante testimonianza contro la camorra. In particolare le vostre recenti dichiarazioni, alla Direzione investigativa antimafia e nella Lettera alle persone che vivono nella criminalità, hanno rafforzato il mio coraggio e conducono la mia mano nello scrivere queste righe.

Ebbi già modo di accennare alla delicata vicenda nella veglia di preghiera anticamorra del maggio dell’anno scorso dall’altare della chiesa di Rovigliano. Rimasi commosso dall’applauso unanime e scrosciante, quasi liberatorio, dei fedeli alla fine del mio intervento e dal successivo discorso del delegato del Vescovo, don Aniello Tortora, che sposò in pieno la mia proposta e consolidò il mio percorso di fede: sentivo accanto alle mie povere idee anche la Chiesa ufficiale.

Dissi semplicemente che don Raffaele Russo, parroco dell’Annunziata, al quale confermo la mia amicizia e il mio amore cristiano, ancora una volta quella sera aveva evitato di prendere una posizione netta contro la camorra, ma si era limitato a raccontare tutto il bene che faceva con la collaborazione dell’assessore Ciro Alfieri. Evidenziai che si trattava del politico meno adatto come compagno di strada nella legalità e nell’educazione dei giovani, essendo stato ritenuto responsabile di reati contro la Pubblica Amministrazione, e proposi che il clero di Torre Annunziata rendesse pubblico un documento unitario di inequivocabile condanna della camorra.

La Chiesa muove le coscienze, è inimmaginabile il ruolo che può svolgere per svegliarle dalla connivenza, dalla indifferenza e condurle alla lotta contro i fenomeni criminali. Il suo messaggio autorevole, nelle parole e nei fatti, magari confermato ogni domenica nelle omelie con manifeste prese di distanza dai camorristi, potrebbe costituire il colpo di grazia per un cancro che uccide le nostre terre, annientando pace e lavoro.

Don Aniello invitò don Raffaele ad essere promotore dell’iniziativa, suggerendone un titolo così entusiasmante da ascoltare accanto al Tabernacolo: “La camorra fa schifo!”.

Di quel documento nessuna traccia, nonostante le sollecitazioni degli altri parroci.

Oggi, cari Crescenzio e Beniamino, dopo l’episodio di Castellammare con San Catello che rende omaggio al boss, sento sempre più impellente la necessità di un lacerante dono d’amore per essere degno dell’affetto del mio amico Gesù.

L’ambiguità di don Raffaele, se non chiarita, rischia di coinvolgere l’immagine di tutta la Chiesa e le situazioni incresciose si susseguono. Ve le pongo in termini di domanda proprio affinché possiate accertarne la falsità o la verità.

È vero che in occasione dei festeggiamenti della Madonna della Neve lo spettacolo teatrale conclusivo contro la camorra, preparato dai ragazzi della casafamiglia MammaMatilde, fu sostituito dal concerto di un cantante neomelodico su pressioni della “popolazione” parrocchiale? È vero che le conseguenti polemiche giornalistiche individuarono in don Raffaele la persona che decise il cambiamento di programma?

È vero che la parrocchia non ha opposto alcun ostacolo alla erezione, accanto al palazzo del boss, di una enorme statua abusiva del Cristo, abbattuta poi dal Comune nell’infuriare delle polemiche?

È vero che sono state favorite le date volute da famiglie camorristiche per celebrare sacramenti forzando i termini procedurali?

È vero che immobili di proprietà della chiesa sono stati affittati a noti camorristi?

È vero che per ben due volte il parroco ha impedito alle Forze dell’Ordine di entrare nei locali della chiesa, ove si riteneva potessero nascondersi camorristi in fuga?

È vero che la parrocchia riceve costanti ed anche laute donazioni, che le altre parrocchie si sognano?

Potrebbero le meritorie costruzioni e ristrutturazioni, in particolare del teatro di San Francesco, essere state finanziate direttamente o indirettamente da camorristi?

Il bene “materiale” che è stato fatto in questi anni è innegabile, ma il dubbio che possa essere macchiato di sangue e di droga va fugato!

Don Raffaele ha sempre sostenuto che in un ambiente difficile bisogna agire con equilibrio, non con rigidità, che gli stanno a cuore i figli dei camorristi, ma equilibrio non può significare arrendevolezza. I figli dei camorristi sono nostri figli, dobbiamo fare l’impossibile per assicurare loro una vita sana e felice, ma il bene che vogliamo loro non può indurci ad assolvere i genitori assassini, estorsori, usurai e trafficanti di droga.

La Chiesa non può avallare credenze, spesso superstiziose, sulla protezione della Madonna, o dei santi, nei confronti dei delinquenti. Cosa dovrebbe fare la Vergine per esaudire le loro preghiere, far riuscire la rapina, far ammazzare la vittima innocente senza imprevisti, gioire dello spaccio di stupefacenti?

Grazie, Crescenzio, per aver definito i camorristi “serpenti velenosi”, “negazione del cristianesimo”, per averli esclusi dai sacramenti; grazie, Beniamino, per aver affermato che “la vita criminale non è compatibile con la fede in Dio Padre”, ribadendo che “non sono grandi statue di santi, o sontuose offerte economiche… che vi fanno essere credenti autentici”.

Perché nella basilica dedicata alla Madonna della Neve questi anatemi non vengono pronunciati?

Il Vangelo ci ha insegnato che la verità ci farà liberi ed è in nome della verità che chiedo il vostro intervento. Perdonatemi, ma la Chiesa di Torre, i fedeli, la popolazione di una città che sta inseguendo la sua primavera, dopo decenni di buio inverno, ha il diritto di avere pastori di cui potersi fidare senza esitazione alcuna.

Non so se Gesù è Dio, ma so di certo che ho scritto questa lettera pensando a Lui.

 
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