Nel cimitero di Torre Annunziata, nell’Arciconfratenita del Suffragio, riposano le spoglie della “Serva di Dio” Emiliana Maria Fiorda.

Questa donna, la cui storia rimane sconosciuta a molti, per anni fu il motivo di un intenso pellegrinaggio che spinse persone di diverso ceto, provenienti da ogni dove, nella sua casa oplontina per chiederle grazie e raccomandarsi alle sue orazioni.

Emiliana Maria Fiorda nacque il 5 giugno del 1821 da una umile famiglia artigiana, il padre Domenicangelo lavorava come armatore nella Real Fabbrica d’Armi.

Nell’infanzia, a causa di una scintilla proveniente dal fuoco vicino al quale si stava riscaldando, rimase cieca. Ma le cronache del tempo raccontano che fu proprio Lei a chiedere al Signore di privarle della vista, dato che i suoi occhi neri e vivaci ne facevano risaltare la bellezza, tanto decantata dal padre e che per lei era motivo di immenso imbarazzo.

La serva di Dio Emiliana rimase orfana in tenera età; il colera che si abbatté su Torre nel 1836 uccise entrambi i genitori e Lei, insieme alle sorelle, fu ospitata nel Ritiro dell’Addolorata. Qui trascorreva le sue giornate nella cappella, raccolta in preghiera, e molto spesso anche durante la notte pregava inginocchiata davanti al quadro dell’Addolorata che era posto dietro l’altare.

Il venerdì era per Lei giorno di devozione e digiuno, consacrato alla memoria di Cristo e dei dolori di sua madre Maria e usava in questo giorno portare cilici, per fare penitenza e mortificare la carne. Ben presto, per la sua devozione e il suo nobile animo, iniziò ad essere onorata dalle orfane che con lei alloggiavano nel ritiro e l’eco delle sue virtù di diffuse per tutto il circondario. Iniziarono così a venire persone da ogni dove per invocare le sue preghiere e chiedere il suo aiuto, date anche le sue doti previgenti.

Nel 1847 lasciò il ritiro, consapevole che il via vai di persone che la raggiungevano per consultarla e raccomandarsi alle sue orazioni era motivo di disagio per le sue compagne e i suoi superiori. Ma l’amore che prodigava verso il prossimo, soprattutto per i poveri e per gli infermi, la sua umiltà, la purezza che trapelava dalle sue parole, non smorzavano l’onda di devoti che sempre più numerosi a lei si rivolgevano per avere consigli.

Come riportato dalle cronache, Emiliana Fiorda ebbe il dono della profezia, quello di scrutare nei cuori e guarire le persone inferme. Nel cenno biografico a Lei, in un documento risalente al 1872, si fanno riferimento alle sue virtù, ai doni straordinari, alle apparizioni e ai tanti prodigi operati prima e dopo la sua morte. Lei si prodigava per liberare dai mali il prossimo e non guardava che al bene altrui.

La Serva Emiliana morì il 13 ottobre del 1871, di venerdì, quel giorno che lei aveva da sempre consacrato al Signore e nei registri parrocchiali, nell’atto della sua morte, si legge: “Morta in odore di santità per la sua vita esemplare”.

Nelle fasi del processo di canonizzazione la nomina a “Servo di Dio” è il primo gradino per la dichiarazione ufficiale della santità di una persona. Difatti, nel documento “Un importante centro di documentazione per la storia del Mezzogiorno d’Italia nell’età moderna: L’archivio storico diocesano di Napoli” di Luciano Osbat della serva oplontina si fa cenno nella sezione “Causa dei santi”. Il suo nome ricorre nei processi ordinari ed apostolici celebrati nella curia napoletana nell’età moderna, poiché la città costituiva un punto d’approdo obbligato per gran parte dei secolari e dei religiosi del regno.

Ad opera di alcuni suoi eredi e dell’associazione “Torresi nel mondo”, sul popolare social netwook di Facebook è stato creato un gruppo a lei dedicato, nel quale sono pubblicate e diffuse tutte le notizie inerenti la sua vita.

 
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