Attraversi la strada sulle strisce pedonali. Le macchine ti sfrecciano avanti e dietro. Oltrepassi un cancello enorme, in pesante bronzo, nero e oro. Non senti più il rumore della città, l’hai lasciata alle spalle. La confusione, la frenetica e quotidiana attività di tutti i giorni è sparita, abbandonata nell’attimo stesso in cui hai varcato quel cancello.

Ti accoglie la tranquilla pace di un laghetto circolare, in cui leggiadre ninfee galleggiano e nelle cui acque si riflettono gli alti cipressi che proteggono un cenotafio. È in travertino bianco, come è bianco il memoriale di Nettuno alla fine di un immenso prato verde, bianco come la semplicità e il colore delle croci, qua e là inframezzate da bianche stelle di Davide. Si estendono ai lati del grande parco, sia a destra che a sinistra, dove carrozzine, bambini, turisti, persone di ogni età vi passeggiano tranquilli. Ogni tanto qualcuno si ferma a leggere qualche nome.

A mezzogiorno leggerissimi soffi di campana diffondono le loro note nell’aria, come una preghiera, quelle stesse note che ricadono, come piccole stelle, tutte intorno, a proteggere quel silenzio in cui non riesci a sentirti solo. È un luogo sacro? Non solo. È un luogo profano? Non solo. È un cimitero? Non solo. È un parco? Non solo. È un luogo in cui sicuramente si può e si deve entrare… ma in punta di piedi!

 
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