Nell’ariosa hall di quest’Hotel dal design contemporaneo, dal 3 luglio al 27 settembre dell’anno in corso, a cura dell’Arch. Giovanni Ottonello e la collaborazione di Tramare e T Art è offerto un assaggio della creatività dell’artigianato in Sardegna.

Ho detto assaggio perché non pretende certamente di rivaleggiare in ricchezza espositiva col Museo etnografico di Nuoro ma, per quest’ultimo devi sapere che esiste, devi programmare un viaggio, forse devi anche essere cultore o almeno amante della materia e pertanto allenato ad alcune ore di visita.

Quest’assaggio (non vuol essere riduttivo) si offre delicatamente sia agli ospiti per turismo o per lavoro del T Hotel, che della Sardegna conoscono appena il nome di qualche spiaggia, sia ai locali che gratuitamente possono visitare (dalle ore 9 alle 23) l’esposizione e dal suo percorso ricevere stimolo per approfondire. Questo pochi manufatti artigianali, di uso quotidiano ma veri capolavori da museo, sono visti nel loro percorso di realizzazione: da questo il nome dell’esposizione “Tecnica”.

Otto processi antichi di lavorazione che non disdegnano un adeguamento alla modernità delle linee: oreficeria, ricamo, intaglio, tessitura, intrecci, sughero, coltelleria e ceramica. All’ingresso s’incontra “L’albero dell’artigianato” realizzato da Tramare di Maria Cristina Boy e Margherita Usai (http://www.sardiniaexport.it/pub/187/index.jsp?is=187&iso=248) e che mostra la possibilità di sposare più materiali e tecniche dell’artigianato sardo: lana, tessuto, sughero e ceramica (foto 1).

L’isola dell’intaglio mostra tavoli da lavoro, antichi strumenti e pannelli di decorazione, una cassapanca ed utensili da cucina ma 18 maschere carnevalesche in legno provenienti da Ottana, Mamoiada, Nuoro e Orani, ballano in giostra mosse dal vento e catturano l’attenzione dei visitatori con le loro allegorie di libertà e schiavitù.

Sono ricavate nel legno di ontano, castagno, noce o rovere e intagliato con motivi geometrici o floreali e lasciato al naturale o dipinto col sangue d’agnello (foto 2). Quella di mamuthone è nera, sopraccigli rilevati, naso adunco ma poco sporgente, bocca grande, aperta e pronunciata; sa carazza ‘e boe di Orani con una rosetta sulla fronte, corna corte e tozze,cavità oculari lunghe e oblique, sa carazza ‘e boe di Ottana ha invece le corna rivolte verso i lati da non confondere con quella da merdule (mere de ule ovvero padrone di bestiame) con arcate sopraciliari incise, naso corto e in linea con la fronte, bocca chiusa e pronunciata e mento lungo.

Fa sfondo la cestinera la cui tecnica di produzione vede in Sardegna almeno quattro diverse espressioni: nel Campidano di Cagliari (Sinnai e Maracalagonis) e di Oristano (San Vero Milis) si avvolge la paglia di grano su un fascio di giunco ottenendo un cordone che viene cucito a spirale e decorato con cotone rosso e nero; nella Planargia, a Flussio (foto 3 che ci fa vedere un’opera realizzata nel 2009 per la mostra “La Sardegna veste la moda), Montresta e Tinnura e nella Barbagia di Olzai e Ollolai si intreccia l’asfodelo che, essiccato e tagliato a strisce, è scuro all’esterno e chiaro all’interno permettendo con le due tonalità naturali eleganti effetti decorativi; nella Romangia di Sorso e Sennori e nell’Anglona di Castelsardo e Tergu si utilizza la rafia e la palma nana con disegni policromi e astratti molto apprezzati commercialmente; diffuso per tutta l’isola per contenitori ad uso agricolo l’intreccio di vimini, salice, canna ed olivastro.

Il ricamo è ben rappresentato dagli scialli di tibet nero con bordi sfrangiati realizzati a macramè e con ricchi ricami floreali in seta policroma, oro e paste vitree colorate tipici di Oliena (foto 4) e dal Filet di Bosa dove le donne dei pescatori, sfruttando lo stesso punto delle reti, realizzano merletti di grande pregio (foto 5).

L’oreficeria della Sardegna, sia quella aulica delle classi abbienti, sia quella popolare, ha scatenato molto interesse sia nel mercato della moda sia come manifestazione della diversità culturale. Nell’isola dedicata si distinguono i campioni progettuali che hanno consentito la realizzazione del candelabro “navicella” affidata il 7 settembre 2008 dal Papa alla statua lignea della Madonna di Bonaria in occasione del centenario della proclamazione della Vergine a patrona della Sardegna.

Splende pure il rosario dominicano del 2005 in oro, ametiste e perle con pendente circolare in filigrana con dieci appendici radiali pure in filigrana e cinque ametiste che circondano un cilindro cavo e un vetro lascia intravvedere la reliquia di Sant’Ignazio da Laconi (foto 6). Un’altra isola espone antichi coltelli e strumenti di lavoro e coltelli contemporanei forgiati interamente a mano, senza l’ausilio di strumenti di clone con manico realizzato in corno di montone, muflone, bufalo, e legni pregiati scolpiti o pirografati con la fauna sarda.

Non manca un prototipo di forno in terra cruda per cottura della ceramica, un torniello, argilla, frammenti di prima cottura, una caffettiera da veglia funebre, stangiadas e vari oggetti realizzati col sughero (foto 8). Ricca è l’isola della tessitura: telaio orizzontale con strumenti di lavoro, tappeto di Nule avviato dalla signora Pietrina Cocco in telaio verticale e caratterizzato da una decorazione policroma di tipo geometrico distribuita in registri orizzontali paralleli e con moduli decorativi che rappresentano sa trina, sos biscotteddos, su fror’ ‘e s’asca e sas denteddas (foto 9).

Da un baule trabocca il corredo della sposa: tappeto a pibiones su lino e cotone, copriletto in cotone e pizzi in Filet. Al muro pende un arazzo di Mogoro tessuto con tecnica a bagas ovvero a trame sovrapposte su antico telaio orizzontale con fiori stilizzati in una composizione in cui predomina il rosa tendente al viola in varie tonalità e bordato di verde.

A fine esposizione gli organizzatori hanno forse voluto saggiare l’attenzione del visitatore esponendo un tappeto di proprietà di Gianfranco Secci in lana annodata a mano col disegno di Maria Lai capovolto: è un vero capolavoro, connubio di antico e moderno, ogni metro lineare è composto da 165 fiocchetti che compongono una riga; caratteristica di qualità è che 10 righe abbiano una larghezza massima di 8/9 cm e a conclusione della tessitura vengano fatti dei nodini e venga effettuata la rasatura a mano con forbici.

Se non ci siete arrivati da soli, il decoro rappresenta la raccolta delle mandorle, si possono infatti riconoscere gli alberi di mandorlo, le donne con le ceste sulla testa e le donne piegate per la raccolta (foto 10). Le lane sono rigorosamente sarde nei colori del bianco, beige e grigio realizzati con tinture naturali.

Non possiamo imporre ai bambini il peso di un percorso agli Uffizi, e per questo li coinvolgiamo col gioco. Allo stesso modo l’architetto Ottonello ha coinvolto noi in modo non invasivo.

 
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Commenti (1)


  1. In 10 fotografie non si può certamente esprimere tutto ciò che questo “assaggio” di artigianato sardo vuole rappresentare ma insieme alle spiegazioni e la rendicontazione che le accompagnano rende magnificamente l’idea della laboriosità di tutto un popolo. I miei complimenti a ‘ferme’ che mi ha saputo appassionare e coinvolgere con il suo racconto…..

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