Un dio con voce di donna”, come scrive Michela Murgia in Ave Mary, sembra un urlo soffocato. No, solo un onesto omaggio alla donna figlia, moglie e madre.

Dopo una settimana di studio, colleghi d’oltremare mi chiedono di passare insieme il sabato in una passeggiata storico-mineraria. Come padrone di casa avrei il compito del cicerone e per non sfigurare mi metto in tasca qualche appunto e tra gli altri un esauriente recente reportage su Notizie di Mario Aielli sulla Laveria Brassey.

Ci fermiamo a Nebida, nel comune di Iglesias per un caffè e seguiamo un brevissimo sentiero panoramico che ci porta a ridosso della Lavanderia Lamarmora. Qualcuno cava dalla tasca una guida dove c’è sempre tutto, e legge: “Struttura mineraria del 1897 riconosciuta dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, si affaccia sul mare davanti a Pan di zucchero con i suoi archi e colonne a ricordare il Colosseo“. Eh… sì, la chiamano Colosseo dell’archeologia mineraria sarda; dovrei aggiungere qualcosa ma, che dico! Davanti al Colosseo, alle sue arcate, ai suoi gatti mi scorrono davanti le immagini dei combattimenti con le belve, il sangue dei cristiani dilaniati, il pollice verso dell’Imperatore romano.

Qui davanti a “questo Colosseo a mare” che dico? Non posso elencare le Società che si sono succedute negli anni, maestranze d’oltremare che hanno sfruttato la nostra terra ricca di minerali. Potrei parlare di quei nostri uomini che venendo dal mondo contadino si adattano rapidamente al lavoro nelle buie e polverose viscere della terra per una paga certa e più elevata di quella che percepivano come lavoratori dei campi.
Ma chi non conosce la vita del minatore, per giunta breve perché soffocata dalla silicosi?

Guardo intensamente i resti di quella Laveria che simboleggia il periodo più fiorente dell’estrazione mineraria in Sardegna. Abbandonato alla metà degli anni 30 per la depressione economica, questo imponente complesso dell’ottocento si sbriciola sotto le violente sferzate del vento e delle onde del golfo del Leone.

Rinfilo i miei appunti in tasca e parlo a braccio: in questo luogo donne giovani e vecchie, sotto il cocente sole estivo e la violenta tramontana autunnale scendono al mattino i 400 interminabili gradini e la sera li risalgono appesantite dalle infinite giornate in laveria (foto 2 e 10).

Sono le figlie, le mogli, le madri di quei minatori che voi conoscete. Ossessivamente per ore ed ore lavorano alla cernita e all’arricchimento del minerale prima d’inviarlo ai forni di torrefazione che vedete lì (foto 7 e 8). Il lavoro delle donne nelle laverie è testimoniato già da una relazione del dicembre 1850 del Presidente della Monteponi dove illustra al Consiglio di amministrazione della Società la qualità di “diligenza e pazienza” del gentil sesso nella cernita dei minerali evitando di distogliere dagli scavi in miniera le forze muscolari di un certo numero di maschi: servono mani piccole ed agili, vista buona e pronta attenzione.

Dopo una prima grossolana cernita il grezzo va anche trasportato dall’esterno all’interno della laveria in ceste e bardelle di legno. Le ripercussioni sull’apparato riproduttivo e quello osteoarticolare delle donne sono spesso gravi ed è solo del 1902 la prima legge che tutela, si fa per dire, le donne lavoratrici.

La sera tornano al villaggio di Nebida dove le attendono le faccende domestiche. Questi ex contadini vivono prima in capanne e solo in un secondo tempo in modeste abitazioni edificate dalla stessa società mineraria. Sono villaggi con scarsa organizzazione urbanistica ed igienica e l’assenza di collegamenti con i paesi vicini costringe a rifornirsi presso gli spacci delle società stesse con ovvio regime di monopolio. Era luogo comune cibarsi di minestrone di legumi, pane, pesce non fresco ma salato, e solo per le feste carne e vino.

I turni di riposo servono a ricomporre le famiglie ma per le donne, la pesante routine in laveria è rimpiazzata dalle fatiche domestiche. Che che ne dica un desueto “comico” nazionale, nella nostra isola la donna è sempre stata molto importante. La nostra è una società matriarcale.

 
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Commenti (4)


  1. complimenti, un fotoreportage come leggere un romazo, mi è piaciuto davvero molto


  2. grazie, mi fa tanto piacere


  3. Una stupenda descrizione e meravigliose foto di questa terra di Sardegna!


  4. Grazie Kris. Avrai notato quanto sia parco negli apprezzamenti, ma ora colgo l’occasione per farti i complimenti sia per lo scritto che per le foto di un gran numero dei tuoi reportage: ho notato che prendi spunto anche da piccoli elementi dando a loro giusta e gradevole visibilità.

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