Con questo fotoreportage voglio raccontarvi “Il luogo dei sentimenti negati”. Si tratta dell’ex Ospedale Psichiatrico di Granzette (frazione di Rovigo). Ringrazio per il supporto l’amico Roberto Costa, che ha lavorato all’interno del nosocomio come volontario ed animatore delle feste d’intrattenimento che si svolgevano tra pazienti ed animatori.

Durante la visita “guidata”, le sensazioni percepite sono delle più strane. Un manicomio, non lo avevo mai “visitato”, i grandi e lunghi cameroni dove decine di ricoverati camminavano avanti ed indietro per ore ed ore senza meta imbottiti di psicofarmaci… fa venire la pelle d’oca. I trattamenti terapeutici in quegli anni erano sempre gli stessi; elettroshock, insulinoterapia, psicofarmaci.

Solo con la Legge Basaglia, ci sono stati significativi passi in avanti nella cura della persona e non del “matto definito come numero”.

La struttura, immensa, con annesso il parco secolare, si presenta come due cerchi concentrici; la parte esterna si suddivide in padiglioni chiamati “primo uomini, secondo uomini, terzo uomini, primo donne, secondo donne, terzo donne”. Nei reparti “primo uomini e donne”, vi erano ricoverati pazienti senza “speranza”, definiti matti e trattati con le terapie sopradescritte. L’Elettroshock chiaramente in primis.

Una nota particolare ed emozionate riferita da Roberto, riportava che i pazienti di questi padiglioni essendo non autosufficienti, venivano “lavati con getti d’acqua”, testimonianza riportata dalla sorella di Roberto in quanto infermiera nel manicomio.
I rimanenti padiglioni “secondo e terzo” erano destinati, i primi a pazienti recuperabili, mentre i secondi per pazienti usciti dal “tunnel”.

Nella parte interna del cerchio, vi erano le attività lavorative; l’officina, i reparti lavoratori uomini e donne (quelli autosufficienti), la lavanderia, la stireria, la cucina, la chiesa, gli orti, ed altre attività svolte dalla comunità manicomiale.
Insomma, una vera e propria cittadella autosufficiente in tutto e per tutto. Un luogo chiuso agli “esterni” però, circondato dal canale Adigetto come se fosse un castello senza ponte levatoio (fino alla Legge Basaglia che lo abbassò e diede la possibilità a tanti pazienti di reintegrarsi nella vita di tutti i giorni).

Durante la visita, un’altra cosa mi ha molto colpito malgrado siano passati tanti anni dalla chiusura (1997): l’odore. L’odore da vecchio, quell’odore strano non saprei come spiegarlo, l’odore di persona anziana. I muri sono ancora impregnati da questo odore, forte e persistente.
Il Manicomio di Granzette, col passare degli anni è andato in completo disuso ed in totale stato d’abbandono.

I visitatori di questi anni, sono stati i vandali, i curiosi, i fotografi, ed i nostalgici come l’amico Roberto che ogni tanto si reca all’interno per controllare se tutto “è a posto” e non ci sono vandali o individui sospetti (magari ladri) che si portano via qualcosa.
Ma dentro non c’è rimasto nulla tranne alcuni padiglioni dove ancora l’U.S.L. di Rovigo tiene archivi cartacei. Nulla è stato fatto fino a questi giorni per recuperare questo splendido spazio con annesso il parco secolare.

Dispiace vedere il tutto in disuso, pensando che tanti anni orsono era popolato da centinaia di persone, dalla comunità.. Questo è il mio modesto tributo per fare conoscere a chi non ha mai visto di persona un luogo come questo, particolare, affascinante ed inquietante.

La “ricerca fotografica” è durata alcuni mesi, dividendo le foto a seconda del padiglione e della struttura visitata.
Per approfondimenti: Redazione Biancoenero

● All’interno della cella dell’Isolamento;
● Nell’alloggio delle suore, 2 certificati di morte abbandonati come altri migliaia di dati personali di pazienti ricoverati, uno scempio;
● Raggi di sole illuminano l’ambiente riscaldandolo;
● Sala d’attesa;
● In fondo alla stanza;
● Una vecchia calcolatrice Olivetti Divisumma
Giorni d’autunno è intitolato questo racconto posto a fianco di una scatola di colori (siamo all’interno del Salone delle Feste);
● 3 amici…
● Ragnatele;
● L’inferno…

 
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Commenti (6)


  1. Nel modo più anacronistico, l’autore è riuscito a documentare sia la vita drammatica che conducevano a turno centinaia di persone e le sue parole in merito sono più che esplicite, che a fornire degli scatti di alto valore fotografico. Sono passati tanti anni, è giusto non dimenticare ed ecco che questo appello a risanare e restaurare questi luoghi ed il suo parco suona come una richiesta di riscatto di tante vite tormentate oltre che un recupero edilizio doveroso, questa volta con fini più consoni ad un paese civilizzato.


  2. Uno dei tanti scempi in Italia…
    Ciao e grazie del commento


  3. Molto significativo.
    Questa descrizione e queste immagini mi hanno lasciato un’amara tristezza.


  4. L’interessamento delle istituzioni per questa struttura è pari a zero.
    Ciao yuna57, grazie della visita.


  5. bel fotoreporage

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