Avrebbero mai potuto immaginare le truppe romane, che decisero di soggiornare in quell’angolo di costa napoletana qualche secolo fa, al ritorno dalle fatiche guerresche, per cercare ristoro e ritemprarsi, trovare “sollievo dal dolore”, che gli stessi luoghi sarebbero diventati meta, oggi, di semplici curiosi, coppiette di innamorati, chiassose scolaresche ed arzilli vecchietti, accompagnati, nella loro bramosa ricerca dell’elisir di lunga vita, attraverso la conoscenza dei loro antenati, da pazienti guide e insegnanti/badanti…?

Un angolo di paradiso ci ha accolto quando, superato l’imponente, buio e umido tunnel di 770m, scavato nel tufo, detto “grotta di Seiano”, dal nome del prefetto romano di Tiberio, che per ultimo lo fece allargare e restaurare, siamo arrivati davanti al maestoso panorama del parco archeologico-ambientale di Posillipo o del Pausilypon di Napoli. Rinnovato e istituito nel 2009, il parco ha due ingressi: infatti è raggiungibile dalla discesa Coroglio oppure da viale Virgilio.

Attraverso un sentiero fiancheggiato dalla tipica vegetazione mediterranea siamo giunti all’area della villa di Pollione, valente ed eroico cavaliere romano che nel 31 A.C. pensò bene di ritemprarsi facendo costruire quella che poi sarebbe diventata una residenza imperiale fino a T.Adriano.
L’area, alla quale, prima del traforo, si arrivava soltanto via mare, comprende straordinari resti archeologici di un teatro con un splendida struttura, costruita sfruttando il pendio naturale della collina (secondo la tecnica tipica greca): 13 ordini di sedili nell’ima cavea e con 6 in quella media per una capienza complessiva di duemila posti.

Un giardino divide la scena del teatro maggiore da un secondo teatro: l’Odeion di dimensioni minori, coperto e con una cavea più piccola. Era destinato alle audizioni di poesia retorica e di musica.
All’interno sono presenti alcune sale con pavimenti a mosaico e in marmo e resti di rivestimenti parietali dipinti. Gli altri ruderi finora emersi sono: a est del Teatro grande, il Tempio o Sacrarium; a ovest, il Ninfeo con tracce di un impianto termale.

I resti di altre domus di quel periodo aureo si possono scorgere a Marechiaro, lungo la spiaggia, oppure alla Calata Ponticello, risalendo il borgo. Sulla spiaggia, invece, andando verso la Gaiola si può ammirare ciò che rimane della “Villa degli spiriti” anche detta “Villarosa”. Proseguendo lungo la costa, verso occidente, è possibile notare il perimetro della “Scuola di Virgilio” dove si riteneva che il “vate” praticasse arti magiche.

Quando siamo giunti al belvedere del parco a picco sul mare, dove aver attraversato una fresca e fitta boscaglia mediterranea, abbiamo potuto ammirare in lontananza, nell’azzurro mare del Golfo di Napoli, la splendida Capri e sotto di noi la dolce e piccola baia di Trentaremi con l’isola della Gaiola.

Non avremmo più voluto lasciare quel paradiso, più volte la nostra cara guida Ester ci ha dovuto richiamare per farci distogliere dalle nostre visioni… perché ci vedevamo tutti distesi sul triclinio, davanti ad un banchetto ricco di ogni ben di Dio, con leggiadre fanciulle orientali che danzavano accompagnate dalle dolci melodie di una musica divina.
Nelle nostre mani boccali grondanti di fresco vino rosso delle terre vesuviane… inebriati dal profumo dei gelsomini e delle rose che circondavano la villa, mentre il dio Nettuno insieme al dio Apollo, sul grandioso, carro calante, ormai rosso fuoco, ci osservavano con compiaciuta tenerezza, mentre si lasciavano immergere nel placido Mare Nostrum, “sfrigolante” di piacere.

 
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