La XXI edizione della Sagra della mandorla vorrebbe, come si legge nelle locandine, “dare uno slancio alla coltivazione e commercializzazione della mandorla…. e far conoscere le radici della comunità facendo rivivere le arti, i mestieri e le tradizioni di una comunità laboriosa, dedita alla lavorazione dei campi, all’allevamento e all’artigianato con l’ulteriore ambizione di far divenire Baressa una delle tappe irrinunciabili dei nuovi percorsi turistici”.

Belle parole ma, non si può promuovere coi mandorli che non hanno visto una mano d’uomo disposta ad abbacchiare i loro frutti. E’ più semplice comprare al supermercato a basso prezzo i frutti che vengono dall’estero senza considerare la loro bontà o divorare dolci carichi di surrogati e poveri di mandorle.

Dobbiamo muoverci in un’altra direzione. Queste sagre danno poco nel promuovere il turismo se l’inserimento nei percorsi turistici non viene voluto e programmato a tavolino molti mesi prima. Non si può pretendere che i pochi turisti di settembre modifichino nell’isola il percorso solo invitati dalla sagra della mandorla, sebbene il paese sia circondato da testimonianze nuragiche e romane purtroppo mal valorizzate.

Ciò che fortunatamente non manca in questa sagra e che potrebbe essere il punto di partenza per affacciarci nel mondo, sia turisticamente che commercialmente, è la potenza dell’ospitalità del nostro popolo: il turista, il visitatore diventa ospite della gente del luogo. L’ospite pur percependo la sua estraneità al luogo viene accolto come uno del luogo, non pagherà ciò che mangia e gli verrà offerto il meglio dei prodotti locali.

Condividere il cibo, secondo un detto sardo, premia con la presenza di un angelo. Insomma, l’ospitalità ci contraddistingue. Ovviamente se all’ospite si offre su pistoccu o su civraxiu con l’olio di Cuglieri, si propongono profumi e sapori unici.

Su pistoccu è quel pane ben cotto e sottile che il pastore si portava nella transumanza. Su civraxiu è pane di semola di grano duro, crosta croccante e morbida mollica. Entrambi profumano intensamente e si esaltano sotto un filo d’olio extravergine estratto a freddo con metodi tradizionali.

Maschio il sapore del pane se al profumo delle olive si mischia quello della bottarga che non pretendiamo di considerare un prodotto di certa origine sarda. La salatura ed essicazione delle uova di pesce era conosciuta anche dai Fenici, ma la bontà della bottarga di muggine degli stagni di Cabras e di Tortolì è unica.

Non è una banale provola quella che ci invitano ad assaggiare, è un sapore energico che ci viene proposto, il sapore unico de su casizolu. Il latte crudo di vacca sardo-modicana allo stato brado su pascoli oligofiti naturali nella Comunità Montana del Montiferru viene coagulato previa aggiunta di siero della precedente caseificazione e caglio liquido.

Il massimo è riservato a chi ha fegato di assaggiare una crema con larve: casu marzu. Sì, sono le larve di un tipo di mosca casearia che, sotto il rivestimento della forma di formaggio, trasformano il contenuto interno in una crema piccante.

Manipolare un latte crudo cagliato e solo dopo immergerlo nel siero è sicuramente lontano dalle regole igienico sanitarie ma, nessun pecorino come questo conserva il sapore delle erbe aromatiche dei pascoli sardi. Cogliere queste finezze oggi è per pochi intenditori del luogo, innaffiando delicatamente gli assaggi con un dito di vernaccia.

 
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