Adagiata sullo sperone del monte Pirchirano a 962 metri nel comune di Sant’Ambrogio di Torino, la Sacra di San Michele domina la bassa val di Susa. Eretta tra il 983 e il 987 d.C. in pieno medioevo su ordine dell’arcivescovo di Ravenna Giovanni Vincenzo che secondo una leggenda all’inizio della sua vita da eremita nei boschi della zona ebbe una visione dell’ arcangelo Michele che gli ordinò di costruire un santuario su quello sperone di roccia, in modo che dall’alto potesse vegliare sul passaggio dei pellegrini che da Roma transitavano per la Francia e viceversa ora riqualificata e ripercorribile come via Francigena.

La costruzione dell’edificio è parte integrante delle rocce del monte, infatti l’imponente e ripido scalone dei morti, che dall’ingresso porta verso la Chiesa, è interamente scavato nella roccia. Raggiunto il piano della chiesa, ci troviamo su un ampio terrazzo dove possiamo ammirare la bellezza architettonica della Sacra, ampia archi e capitelli, mastodontiche colonne e colonnati ci accompagnano fino all’ingresso della chiesa intitolata a San Michele Arcangelo. Costruita con quasi cento anni di lavoro, vide un susseguirsi di diversi architetti e scultori, tra i nomi più popolari troviamo Pietro da Lione e lo scultore Niccolò.

Le varie impronte e i molti anni impiegati per la costruzione, donano alla chiesa diversi stili architettonici, dal gotico al romanico, al bizantino del ravennate, un susseguirsi di armonie che fanno un tutt’uno tra il sacro ed il profano. Si narra infatti che tra il 1200 e il 1300 sia vissuta nell’abbazia una fanciulla di nome Alda, che per sfuggire ai soprusi dei soldati si sia lanciata nel vuoto da una torre, ora denominata la Torre della bell’Alda, nel suo volo gli vennero incontro gli angeli che afferrandola la fecero atterrare illesa.

Nell’agosto del 1836 Papa Gregorio XVI affidò la Sacra di San Michele ai Padri Rosminiani che ancora oggi la mantengono viva, ordinando contemporaneamente anche la traslazione di 24 salme di Reali Savoia dal Duomo di Torino alla Sacra, dove ancor oggi nella chiesa sono presenti enormi sarcofagi in pietra contenenti le spoglie Reali. Negli anni molte opere di restauro e consolidamento hanno mantenuto lo splendore della Sacra, che anche uno scrittore come Umberto Eco nel 1980 prese ispirazione per scrivere il suo romanzo Il nome della Rosa, che proprio all’inizio del romanzo scrive cosi: “Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l’abbazia e mi parve che la terra toccasse il cielo”. Ed è proprio questo il primo impatto che si scorge arrivando lassù, tra il silenzio che la circonda e l’aria pulita che si respira, mentre si guarda verso il basso e si scorge la vita frenetica che giornalmente continuiamo a vivere.

 
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