copertina libro storie 'e paese

Presentato oggi a Palazzo de Fusco “Stòrie ‘e paése – Storie di paese” di Maria Carmela Cascone (Ed. Il Filo Albatros). Ad accogliere l’autrice – funzionaria del comune, da poco in pensione – il sindaco Claudio D’Alessio, Antonio Ebreo, Consigliere Comunale delegato alla Cultura, Nicola Avellino, autore ed esperto di storia locale, e il professor Elio Sorrentino.

L’autrice, laureata in lingue e letterature straniere, ha diretto la biblioteca comunale della città mariana. Questo suo rapporto con la storia, con la memoria si riverbera nel libro. Il filo della memoria tiene assieme la narrazione che si svolge nei primi anni del Novecento. Protagonista è il mondo contadino che animava quel pezzo di terra diviso tra Torre Annunziata, Boscoreale, Scafati e Gragnano e che più tardi sarebbe diventato un comune autonomo. La nostra Pompei. E’ una saga familiare sulla falsa riga di quella celebre dei Buendìa raccontata da Gabriel Garcia Marquez.

Dei personaggi di quel mondo l’autrice non fa rivivere soltanto i volti, gli affetti, le abitudini di vita, ma arriva a rinverdirne il modo di comunicare e pensare utilizzando un duplice registro linguistico in cui l’espressione vernacolare arcaica si alterna all’italiano dei giorni nostri. Il teatro in cui si muovono i protagonisti del romanzo è ora un cortile, ora una stalla, un pozzo e così via.

Il fulcro della famiglia è il nonno, pater-familias di numerosi familiari e affini, colui che garantisce con sudato lavoro e irreprensibile onestà il sostentamento e l’educazione della sua famiglia. Al suo fianco la moglie che da brava massaia trasforma il lavoro del marito in tanti sapori genuini, dalle marmellate ai salumi, passando per i formaggi. Un lavoro che permette di affrontare inverni e carestie. I bambini che ancora possono giocare, con sassolini e noccioline sull’erba, aspettando impazienti patate e pannocchie lesse tratte dal calderone.

Una società che vive sulla reciproca solidarietà, sul sostegno dei vicini che si manifesta nei lavori pesanti, nei problemi economici, nelle malattie. Ogni cosa è vissuta in piena condivisione: pozzo, lavatoio, forno, aia. Niente si spreca, tutto si riadatta come i vestiti usati acquistati dagli ambulanti.
Uno spazio importante lo occupano i riti delle feste comandate. L’infornata dei casatielli a Pasqua, la messa del bambinello a Natale, momento in cui si assapora la pace dopo anni di guerre e lutti.

Le nuove generazioni ereditano una vita più confortevole, seppur legata alla madre terra. Più stanze e arredi domestici a disposizione, meno animali a cui badare. Le figlie danno il loro contributo economico con la loro abilità di sarte e ricamatrici, appresa dalle suore, custodi per eccellenza di quest’arte. Le donne iniziano ad emanciparsi sperimentando nuovi lavori come quello di parrucchiera, versione moderna della “capera”, la pettinatrice che andava di casa in casa.

Il vero salto lo compie una giovane che si trova a gestire un negozio di tessuti, al posto di suo fratello che preferisce emigrare per seguire la fidanzata. L’attività cresce e sono le donne a fungere da principale sostegno all’economia familiare. Un negozio che esiste ancora oggi ed è gestito dalle figlie di quella donna.

 
© Riproduzione Riservata
 

Nessun commento

Lascia un Commento