Il 24 gennaio di quest’anno, a Napoli, sono stati aperti al pubblico i sotterranei del complesso monumentale della Certosa di San Martino che, insieme al Castel Sant’Elmo, domina dalla collina del Vomero tutta la città, il suo golfo e l’imponente Vesuvio sulla sponda opposta.

Fu Carlo d’Angiò, duca di Calabria e figlio del sovrano Roberto d’Angiò, che nel maggio del 1325 diede il via alla costruzione della Certosa, a partire dal Chiostro che sorse accanto all’antico torrione di vedetta d’epoca normanna, sostituito poi dal Castello di Belforte, oggi Castel Sant’Elmo.
I sotterranei della Certosa di San Martino si presentano come un’immensa cattedrale dagli slanciati pilastri culminanti con archi ogivali che sopportano il grande complesso conventuale sorto sulle pendici scoscese della collina.
Essi furono definiti “opere degne della grandiosità imperiale” da Giuseppe Fiorelli, il fondatore del Museo di San Martino, avvenuto nell’anno 1866.
Dell’intero complesso originale di stile gotico restano solo tali ambienti, poiché la Chiesa ed il Convento, nel tempo, hanno subito vari rimaneggiamenti.

Passeggiando attraverso i lunghi corridoi di questa grande opera d’ingegneria, progettata da Tino di Camaino (scultore ed architetto nato a Siena nel 1280 e morto a Napoli nel 1336) e Attanasio Primario, che subentrò alla morte del Camaino, si possono ammirare oltre 150 opere scultoree ed epigrafi in marmo appartenenti al Museo della Certosa, risalenti ad un periodo che va dal Medioevo al XVIII secolo.

Tra le opere esposte:
4) una grande lastra a rilievo raffigurante “La Morte e Franceschino da Brignale” un curioso ex-voto allegorico voluto dallo stesso Franceschino, mercante napoletano sopravvissuto a due tempeste marine nel 1361, in cui è raffigurato insieme alla Morte.
Dalle bocche dei due personaggi fuoriescono delle iscrizioni in cartigli che rendono il bassorilievo una sorta di fumetto ante litteram: Franceschino, mentre offre delle monete alla Morte, afferma di volerle dare tutto purché essa lo lasci in vita; ma la Morte tuona che nessuno può scampare alla propria sorte. L’iscrizione sull’ara centrale, invece, è un monito agli spettatori, ancora per bocca della Morte, ed un’esortazione ad operare il bene per la salvezza della propria anima, essendo certa la fine della vita terrena” (da internet)
5) La “Vergine con Bambino” di Tino di Camaino
6) il sarcofago di Beatrice del Balzo, ricavato da una vasca romana del II secolo
7) “L’Allegoria velata”, rappresentante la Modestia, scolpita quasi sicuramente da Angelo Viva, allievo del Sanmartino, scultore del Cristo Velato e della Pudicizia nella Cappella Sansevero
8 ) il celebre “San Francesco d’Assisi” di Giuseppe Sanmartino

 
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  1. Visita organizzata dall’ass. Sitireali di Napoli

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