Nel 1903 alcune monache in fuga dal paese di Montauban nella Garonna francese in piena occitania, trovarono rifugio nel vecchio castello medievale chiamato Motta Trucchetti nei pressi di Riva di Pinerolo, piccola frazione alle porte di Pinerolo in Piemonte. Durante il loro rifugiarsi le monache abbracciarono la regola Certosina di clausura che aveva come primo scopo la contemplazione, la purezza di cuore e la carità. Le monache passavano i loro giorni immerse nella preghiera continua, 24 ore al giorno, compiendo cosi il loro cammino verso Dio.

Nel 1936 visto la notevole crescita del numero di monache, decisero di erigere una Certosa alla quale venne dato il nome di Motta Grossa, formando cosi la seconda comunità di monache Certosine in Italia. Si creò cosi un luogo di serenità e di gioia al servizio di Dio, fatto di lavoro quotidiano, di preghiera e di vita comunitaria che la clausura permetteva. Durante la giornata le monache svolgevano i lavori a loro affidati, come la pulizia del convento, fare il bucato e cucinare per tutte le consorelle che abitavano il monastero. Le sorelle abitarono il convento di Motta Grossa fino nel 1998, anno in cui si trasferirono alla Certosa di Vedana a Sospirolo in provincia di Bolzano.

La Certosa oggi appare ai nostri occhi come un logo abbandonato e ricco di mistero. Entrando al suo interno mi ha colpito il senso di pace e tranquillità che si respira, è ancora ben impresso il senso che le suore hanno voluto dare alla loro casa. Il monastero era costituito da un enorme caseggiato eretto su 2 piani dove al centro del pian terreno si trova la Chiesa con i suoi mastodontici seggioloni in legno e l’altare centrale, nella sacrestia laterale si trova ancora il grande mobile dei paramenti sacri e i cassetti a scaffale che contenevano i documenti del monastero. Poco più a sinistra entrando nella cucina mi sembra di sentire ancora gli aromi dei cibi che stanno cucinando sull’ enorme fuoco al centro, dalla parte opposta trovo invece le stanze adibite a laboratori che le sorelle usavano per cucire e ricamare, lavorare il legno e la ceramica, che in quel periodo servivano come sostentamento economico di tutto il convento.

Al piano superiore entro in un lunghissimo corridoio che mi porta alle celle dove vivevano le sorelle. Ogni cella era composta da un piccolo ingessino, dove nella parete interna si vede ancora un immagine in legno della Madonna e una piccola sporgenza che serviva a sostenere la candela che illuminava l’immagine, a sinistra un piccolo bagnetto , frontalmente si trovava la piccola stanzetta adibita a soggiorno dove in un angolo una piccola stufa riscaldava tutta la cella nei rigidi inverni, sulla destra invece la camera da letto, che le suore usavano anche per la preghiera. Esternamente al centro si trova un enorme prato che al tempo serviva come orto dove le monache coltivavano gli ortaggi che servivano al fabbisogno quotidiano. Purtroppo ovunque si trovano segni di vandalismo che hanno segnato il lungo degrado di una struttura che ha abbracciato e protetto per anni le sue figlie.

 
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