Una stretta scala ci conduce al primo piano di una casa colonica di inizio secolo 1900. Alla fine della scala una porticina socchiusa che apriamo con molta riverenza perché dietro quella porticina ci accoglie qualcosa di estremamente prezioso. Racchiuso da inferriate e contornato da fiori e candele, il simulacro di una giovanetta, nel punto in cui fu martirizzata.

La giovanetta era Maria Teresa Goretti. Quella, era la sua casa.

Nel luogo in cui la sua povera famiglia, originaria di Corinaldo nelle Marche, si riuniva attorno al fuoco, oggi c’è una cappellina e sopra l’altare una sua immagine. Era nata nel 1890 e morì qui, a Nettuno nel 1902, a soli 11 anni. Di lato è ancora visibile il camino, e poco dopo la stanzetta che divideva con gli altri cinque fratelli. Oggi è vuota ma alle pareti ci sono fotografie tratte dal film che fu girato su di lei.

Come tantissime famiglie di lavoratori agricoli dell’epoca, anche quella di Maria Teresa cercava sostentamento peregrinando di campagna in campagna. Padroni del periodo erano le malattie, la denutrizione, l’analfabetismo, il lavoro pesante. Fin dall’infanzia. A Maria Teresa non fu concessa nessuna esenzione.
Dall’esame autoptico l’undicenne risultò essere alta soltanto un metro e 38, affetta da malaria in stato già avanzato e vistosamente sottopeso.

Il secondogenito di un’altra famiglia che era con loro tentò più volte l’approccio sessuale con la piccola Maria Teresa. Con la scusa di farsi fare una cucitura ad un vestito, il 5 luglio 1902 Alessandro, così si chiamava il giovane, la attirò in casa e tentò di violentarla. Ai tentativi di difesa e alle urla della bambina, il ragazzo tirò fuori il punteruolo che aveva portato di proposito per usarlo proprio in caso di resistenza, come confessò durante il processo.

Trasportata nel vicino ospedale di Nettuno, Maria Teresa morì il giorno dopo.

Le sue reliquie e il suo corpo sono conservati a Nettuno, nel Santuario di Nostra Signora delle Grazie e di Santa Maria Goretti, e a Corinaldo.

La sua canonizzazione avvenne in Piazza San Pietro il 24 giugno 1950 con una cerimonia svolta all’aperto, officiata dall’allora Papa Pio XII e alla presenza anche della madre della giovane Santa, rimasta a simbolo delle donne vittime di violenza.

Perché raccontare questa storia? Perché sembra essere molto attuale.
Perché una visita in quella casa di Nettuno è quel che ci vorrebbe per spiegare la povertà di quei tempi.
Perché in quella casa si dovrebbe provare a starvi qualche minuto in più, in raccoglimento.
Perché chiedere una misericordiosa benedizione alla giovinetta potrebbe aiutare tutti coloro che si battono contro qualsiasi forma di prevaricazione.
Perché una preghiera su quel simulacro addolcirebbe forse gli animi più irrequieti.
Perché ancora una volta, in questi giorni, purtroppo, una ragazza di appena 22 anni, è stata oggetto di un brutale e feroce assassinio da parte del suo ex ragazzo… e una donna in attesa di un bimbo è stata avvelenata dal suo compagno che voleva farla abortire.

La storia si ripete, allora a Nettuno, oggi nei tanti luoghi sulla Terra in cui si consumano atroci delitti.

Una visita in quel casolare tra le campagne pontine trasmette un senso di serenità, di fiducia, di perdono ma anche di voglia di lottare. Perché una donna, una ragazza, una bambina, come lo era Santa Maria Goretti, non debba mai sapere cosa voglia dire morire per la violenza rabbiosa ed omicida di un uomo.

Santa Maria Goretti viene festeggiata il 6 luglio, il giorno della sua morte.

Foto n. 1 – la stretta scala di accesso;
Foto n. 2 – il punto in cui Maria Teresa fu martirizzata;
Foto n. 3 – il camino;
Foto n. 4 – l’effigie sull’altare;
Foto n. 5 – la sala in cui si riuniva la famiglia Goretti;
Foto n. 6 – papà Luigi (morto nel 1990, quando Maria Teresa aveva 10 anni);
Foto n. 7 – mamma Assunta;
Foto n. 8 – la parete con le foto tratte dal film (non esistono fotografie di Maria Teresa);
Foto n. 9 – la camera della Santa e delle sorelle;
Foto n. 10 – il casolare in cui vivevano i Goretti.

 
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