22 marzo 2015, giornata di festa per l’arrivo della primavera, giornata di festa per i beni del FAI, giornata di pioggia quasi in tutta Italia. Questo non ha però scoraggiato tutti coloro che in questo giorno si sono voluti sentire sostenitori e protagonisti del rinnovamento e testimoni della nostra cultura. Aperti per l’occasione 780 siti in tutta la nostra meravigliosa penisola e a noi è stato dato semplicemente l’imbarazzo della scelta.

La nostra è ricaduta sulla Certosa di Trisulti nel comune di Collepardo. Mossi dall’appello accorato di aiuto per questo luogo direi incantato, siamo stati attratti dagli SOS che si sono da più parti levati. La Certosa ha bisogno urgente di restauri per impedire che il degrado e l’abbandono la facciano rovinosamente precipitare nell’oblio.
Immersa in boschi di querce ed abeti, la località deve il suo nome al fatto di essere in mezzo a tre valichi (“tres saltus”=Trisulti) e ad un’altezza di 850 metri sul livello del mare. È anche chiamata la Certosa di San Bartolomeo perché la Chiesa all’interno è dedicata a questo apostolo e Certosa perché è il nome comune dato a tutti i Monasteri dei Certosini che è l’ordine religioso fondato da San Brunone nel 1084 nella Valle della Chartreuse. Caratteristica di questi monasteri è la piscina nelle cui acque gelide i monaci si immergevano in segno di penitenza.

Dopo aver visitato la piscina appunto, questo specchio d’acqua tra le cui increspature abbiamo notato la presenza di qualche pesce e al cui centro si erge la piccola statua della Madonna con le mani giunte, in atto di preghiera, ci dirigiamo verso la Chiesa di San Bartolomeo, scendendo alcune scale custodite da un vecchio e ormai consunto leone in pietra. Attraversiamo la Piazzetta sulla quale si affacciano le stanze in cui soggiornava Innocenzo III che qui aveva la sua dimora estiva e al cui centro troneggia una fontana. Effettuata la visita nella Chiesa di San Bartolomeo impreziosita dagli affreschi del Balbi e dalla presenza del grande scranno in legno, arriviamo nell’immancabile chiostro. Al centro troviamo giardini curatissimi con composizioni floreali raffiguranti piccoli animali, tutto intorno e sotto i portici, le celle dei monaci nelle quali i religiosi passavano la maggior parte della loro esistenza. Il cibo veniva loro passato da piccole finestrelle accanto alla porta e da quelle loro umili dimore uscivano solo il martedì o il giovedì per una passeggiata nel bosco (andavano sempre in due per avere modo di scambiarsi opinioni e condividere preghiere e letture) e la domenica, giorno in cui si ritrovavano nel refettorio per il pranzo comunitario. Sulle porte delle loro celle frasi e versetti riportate dai Salmi, dai Proverbi o dai Santi.

Per ultima visitiamo “la farmacia”, luogo affascinante e ricco di energie. All’interno delle sue vetrine barattoli, bottiglie e contenitori ancora con le loro originali erbe, polveri e unguenti per curare quelli che erano i malanni dell’epoca. Di fronte alla “farmacia” la sala d’attesa in cui le persone che si rivolgevano alle prodigiose medicine dei monaci potevano ingannare il tempo in attesa delle loro pozioni su comode sedie e immerse in qualche buona lettura lasciata a disposizione per l’occorrenza. Uscendo da queste sale la vista viene appagata da incantevoli giardini all’italiana.
La nostra visita termina qui. Peccato non ci sia stato il sole a renderla ancora più piacevole ma anche i pochi ombrelli aperti disseminati qua e là hanno reso colorata ed interessantissima questa giornata. Dobbiamo fare in modo che questo luogo rimanga aperto. A questo serve la petizione che abbiamo firmato prima di uscire dalla Certosa. Diamo forza e appoggio al FAI perché questo luogo possa rimanere uno dei nostri tanti meravigliosi “luoghi del cuore” di cui essere orgogliosi.

 
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