Il giorno 17 Gennaio la Chiesa festeggia Sant’Antonio abate che morì ultracentenario in questa data dell’anno 356 d. C., nel deserto della Tebaide, in Egitto. Egli nacque intorno al 250-251 a Coma (l’odierna Qeman al Arous), sempre in Egitto, da una famiglia agiata e cristiana. Rimasto orfano quando non era ancora ventenne, Sant’Antonio abate decise di dedicarsi completamente a Dio e di condurre una vita da eremita nel deserto. Perciò si privò di tutti i suoi beni destinandoli in parte ai poveri ed in parte alla sua sorella minore, che affidò ad una comunità femminile.

Mosso da convinta ed incrollabile fede cristiana e vincendo le tentazioni del demonio e le numerose e varie difficoltà incontrate, il santo visse dapprima in una grotta nel deserto attorno alla sua città natale, poi, dal 285, in una fortezza abbandonata e malandata sui monti del Pispir presso il Mar Rosso, dove vi rimase per circa vent’anni. La persecuzione di Cristiani ad opera dell’imperatore romano Massimino Daia spinse il santo a trasferirsi ad Alessandria d’Egitto nel 311, dove portò loro il proprio sostegno, senza però subire persecuzioni personali. Dopodiché visse di nuovo in solitudine e preghiera gli ultimi anni della sua lunga vita nel deserto della Tebaide.

Sant’Antonio abate viene considerato il fondatore del monachesimo cristiano, in quanto gli si attribuisce la costituzione di famiglie monastiche stabili ed operanti sotto la guida spirituale di un padre superiore, detto Abbà (da cui il termine abate).

Inoltre per le sue virtù è considerato non solo un potente taumaturgo ma anche il patrono degli animali domestici, dei macellai, dei salumieri, degli allevatori, dei contadini.

La ragione per la quale di solito Sant’Antonio abate viene ritratto in compagnia di un porcellino è dovuta ad una leggenda per la quale questo animale, essendo stato da lui sottratto all’attacco di bestie feroci, lo seguì fedelmente. In una fredda giornata invernale l’animale condusse nell’inferno il santo che per riscaldarsi prelevò della brace con il suo bastone a “T”. Perciò il demonio, indispettito, uccise il porcellino scagliandogli un coltello, mentre al santo abate gli nascose sotto al suo giaciglio un tizzone ardente che gli provocò forti dolori alla pelle, i cosiddetti “fuochi di Sant’Antonio”.

La tradizione di accendere i falò in questo periodo di metà inverno è antecedente all’arrivo del culto del santo e trova le sue radici nel paganesimo e le finalità erano quelle di riscaldarsi e di augurarsi raccolti più abbondanti e bestiame più prolifico.

A San Nicandro Garganico, il santo è stato onorato lo scorso 17 Gennaio, come ogni anno, con due feste che si sono svolte contemporaneamente. Una di esse ha avuto luogo dinanzi alla Chiesa di San Giorgio nella Terravecchia (il più antico nucleo urbano sannicandrese), l’altra davanti alla Chiesa della Pietà o dell’Addolorata, nella centrale Piazza Domenico Fioritto.

In entrambi i casi sono stati celebrati il triduo (14, 15 e 16 gennaio), e le sante messe delle ore 8:00 e delle ore 18:30. Inoltre di sera è stato acceso un falò dinanzi a ciascuna chiesa.

Al termine della messa serale nella Chiesa di San Giorgio, la statua di Sant’Antonio abate qui custodita ed esposta alla venerazione dei fedeli (realizzata in legno e cartapesta) è stata condotta all’esterno dai membri della Confraternita “Maria SS. di Costantinopoli”, che ha sede presso la medesima chiesa e che ha organizzato i relativi eventi. Dinanzi alla facciata della chiesa ed al dirimpettaio falò, dopo le preghiere e le invocazioni al santo c’è stata la benedizione dei fedeli e degli animali domestici da loro condotti per l’occasione. Dopodiché ai presenti sono stati distribuiti i popcorn e si è svolta una piccola sagra per cui si potevano acquistare panini con salsicce e/o sottaceti ed un bicchiere di vino, al costo di 1,50 euro a porzione.

La Confraternita della Pietà e Morte ha invece organizzato i festeggiamenti in onore di S. Antonio abate presso a Chiesa della Pietà o dell’Addolorata, che custodisce anch’essa una statua lignea del santo, accompagnata ai suoi piedi da animali imbalsamati, ed una sua reliquia. Dinanzi a questa chiesa è stato innanzitutto acceso un falò all’alba, prima della messa delle ore 8.00, ed un altro nel tardo pomeriggio. Al termine della messa delle ore 18.30 c’è stato il bacio della reliquia, un piccolo spettacolo pirotecnico e le esibizioni del Gruppo Folk Sannicandrese e dell’associazione “Diapason-Lycosa” che hanno eseguito alcuni brani musicali, canti e balli della tradizione popolare locale, dal momento il giorno della festa di S. Antonio abate segna l’inizio del Carnevale. Le loro esibizioni sono durate fino a quando non è sopraggiunta la pioggia che ne ha anticipato la conclusione. Ai presenti sono stati distribuiti i popcorn ed i ceci arrostiti nella sabbia di mare infuocata.

Il presente fotoreportage è corredato dalle sottostanti dieci immagini che illustrano:
- il falò antistante alla Chiesa di S. Giorgio in Terravecchia (foto n. 1);
- la statua di Sant’Antonio abate, custodita in questa chiesa e portata all’esterno per la benedizione dei fedeli e degli animali domestici (foto n. 2);
- il momento della benedizione dei fedeli e degli animali domestici (foto n. 3);
- un chiwawa subito dopo la benedizione (foto n. 4);
- la distribuzione dei popcorn ai presenti (foto n. 5);
- il falò dinanzi alla Chiesa della Pietà o dell’Addolorata (foto n. 6);
- la statua di Sant’Antonio abate, custodita in questa chiesa, con un reliquiario del santo ed alcuni animali imbalsamati (foto n. 7);
- foto di gruppo dei componenti del Gruppo Folk Sannicandrese e dell’associazione “Diapason-Lycosa”, dinanzi alla suddetta chiesa (foto nn. 8-9);
- ceci arrostiti con sabbia marina (foto n. 10).

 
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