Si vive oggi la globalizzazione e con essa il rischio di perdere le tradizioni e le capacità di palpare i sentimenti e la saggezza dei nostri avi. Santadi è un paese di quattromila abitanti del basso Sulcis, terra di Sardegna che guarda l’Africa, e da 44 anni celebra la prima domenica di agosto “sa coia maurreddina”, il più antico sposalizio cattolico secondo le tradizioni rurali della gente sulcitana.

Perché proprio a Santadi e perché il matrimonio è detto mauritano “maurreddino”? A Santadi perché in passato il suo vasto territorio costituiva una delle due Cappellanerie del Sulcis dove appunto il Cappellano officiava i matrimoni. L’aggettivo “mauritano” non deve trarre in inganno, non si tratta di un rito pagano, ma il riferimento è relativo ai mori (maurrus) che, provenienti dall’Africa, un tempo sono sbarcati nelle coste sulcitane, hanno occupato il territorio di Santadi e spingendosi ad est hanno persino espugnato Cagliari; maurreddinu è diminutivo di maurru.

Ieri a Santadi è stata festa manna (grande). Il cuore del paese da settimane pulsa veloce: sono stati scelti i buoi più belli e forti e si è lavorato sui carri da lavoro per tappezzarli con tappeti, attrezzarli con scanni di legno intagliato, addobbarli con spighe, tralci di vite, rami di mirto e fiori e creare un sopraccielo con gli arazzi più belli.

Nel rispetto della tradizione millenaria vengono scelti e provati e riprovati i canti del rito in dialetto, rispolverati i costumi originali delle nonne per essere pronti ad accogliere degnamente gli sposi. Quest’anno la sposa è di Villamassargia e lo sposo di Carbonia.

Nonostante sia una calda e afosa mattinata di agosto, che spinge ad un bagno rinfrescante nelle limpide acque del mare a pochi chilometri dal paese, in su mori ‘e stazioni, oggi via Cagliari, è un vociare allegro de is istrangius (coloro che non sono del luogo) mentre le donne del paese perfezionano gli addobbi dei davanzali con fiori ed arazzi e ricoprono la strada con un manto di erbe profumate e petali di rosa sotto lo sguardo compiaciuto degli anziani alla finestra o seduti su uno scanno all’ombra di frasche sul passo carraio.

Il corteo è partito puntuale annunciato dal suono de is launeddas e de su sonettu (foto 4). Lo aprono le donne di Santadi in costume che così accolgono sa sposa istrangia (la sposa di un altro paese – foto 1), seguono numerosi gruppi folk provenienti dai paesi circostanti e persino da Cagliari, Selargius, Quartu Sant’Elena, Mogoro, Marrubiu, Aritzo e persino Sassari.

In ogni gruppo non manca chi veste su costum ‘e sa coia ( il vestito degli sposi – foto 2 e 3). Il tintinnio dei campanelli che addobbano i cavalli annunciano l’arrivo dei cavalieri e per ultimi gli austeri rappresentanti di Teulada col cappello a falda poi il “vero” corteo nuziale (foto 5): quattro traccas (carri trainati dai buoi bardati con i finimenti della festa), apre la schiera quella della sposa coi suoi genitori (foto 6), segue quella dello sposo e i suoi familiari, terza quella dei testimoni e chiude il corteo quella dei sindaci dei paesi degli sposi, tutti rigorosamente in costume sardo autentico.

Dopo un lento e gioioso snodarsi del corteo per le vie del paese, le traccas giungono in sa corti ‘e is piras oggi piazza Marconi dove si trova un ampio palco che fino a notte fonda sarà la pista dei balli tradizionali sardi in costume mentre si offrirà su cumbiru: dolci tipici sardi e ottimo vino locale per tutti (foto 7).

Gli sposi scendono da is traccas e lei accompagnata dal padre e seguita dalla madre, lui accompagnato dalla madre, salgono l’ampia gradinata su un tappeto sgargiante di petali tra due ali di “applausi” in costume e raggiungono un palco a ridosso del portale della chiesa di San Nicola di Bari dove si officerà il sacro rito del matrimonio di fronte all’intero paese e a is istrangius, testimoni della promessa nuziale (foto 8, 9 e 10).
Molti dei presenti avrebbero preferito si svolgesse presso il palco basso che, come negli anni passati, avrebbe consentito una più comoda visione del rito.

Dopo il rito cattolico segue il momento suggestivo delle benedizioni degli sposi da parte delle madri che fanno il segno della croce sul bicchiere d’acqua che offrono al proprio figlio inginocchiato e subito dopo rompono il piatto cospargendo i novelli sposi di chicchi di grano, petali di rose, monete e sale con l’augurio di un futuro ricco di serenità, saggezza, felicità e prosperità. Sa coia maurreddina non è una farsa teatrale ma è uno sposalizio che conserva l’intenso significato del rito antico.

 
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