Orto dei fuggiaschi

Riapre al pubblico l’Orto dei fuggiaschi, dopo un lungo restauro finanziato dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, nell’ambito dell’attività di manutenzione ordinaria. L’intervento ha riguardato principalmente la struttura che ospita i calchi degli antichi abitanti della colonia romana, vittime dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.

Nello specifico, si è cercato di dare una nuova sistemazione ai calchi che oltre a far risaltare il valore storico del contesto, preservasse la dignità dei corpi agli occhi dei visitatori.
I calchi sono stati dapprima sottoposti a un’azione di restauro di lieve portata (per non intaccare la naturalezza delle forme originarie) e spostati in una nuova teca, adagiati su un sottile letto di cenere che richiama alla mente la pioggia infernale di pomici e lapilli di quelle drammatiche ore.

L’Orto si presenta come un ampio spazio coltivato a vigneto, situato nell’area sud-orientale di Pompei (Reg. I, insula 21), e prende nome dal fatto che qui, nel 1961, nel corso di un scavo coordinato dall’allora sovrintendente e celebre archeologo Amedeo Maiuri, sono stati rinvenuti i corpi di 13 persone – adulti e bambini – che vanamente cercarono scampo dalla furia del Vesuvio, correndo verso le mura della città.

Orto dei fuggiaschi - calchi

Conservati intatti dalla cenere vulcanica, si è pensato di conservarne la preziosa memoria, ricavando dei calchi in gesso grazie a un sistema, ancora oggi in uso, introdotto dall’archeologo Giuseppe Fiorelli già nel XIX secolo. In pratica, consiste nel versare gesso liquido nella cavità lasciata dal corpo nello strato di cenere solidificata che ne ha conservato intatta la forma.

L’Orto dei fuggiaschi è inoltre al centro di un esperimento di produzione vinicola, nel tentativo di ricreare il gusto del vino di quell’epoca. Il progetto è nato nel 1994 grazie agli studi di botanica applicata all’archeologia condotti dal Laboratorio di Ricerche Applicate e alla collaborazione con l’azienda vitivinicola campana Mastoberardino.
Si tratta di dieci appezzamenti coltivati a vigneto, che si estendono tra la Regio I e II dell’antica Pompei per un’estensione di circa due ettari ripartiti su 10 appezzamenti di diversa estensione e per una produzione di circa 50 quintali per ettaro.

(Foto di Mizar e Lucam)

 
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