pavimento dissestato davanti a Pizza Ciro

Inverno 1990. Il Napoli di Maradona, frastornato dall’inattesa eliminazione dalla Coppa dei Campioni, già avvertiva i primi segnali della bufera che si sarebbe scatenata di lì a poco. A Palazzo San Giacomo la giunta guidata dal socialista Nello Polese era alle prese con la sanguinosa guerra dei rifiuti e l’inchiesta parlamentare sui finanziamenti post terremoto.

Il Centro Direzionale di Napoli iniziava a prendere la sua forma definitiva con il completamento delle torri Enel e con l’inaugurazione della chiesa San Carlo Borromeo, tenuta a battesimo da papa Giovanni Paolo II, che nel suo discorso spendeva parole di elogio per l’ardita linea architettonica del nuovo tempio e del nuovo quartiere.
Un mese dopo, a dicembre, iniziava la sua attività il ristorante Pizza Ciro. Un marchio secolare della pizza che portava nel cuore della moderna cittadella i sapori e gli odori storici della tavola partenopea. L’afflusso di clienti dei primi mesi faceva pensare all’inizio di un rapporto felice. Così non è stato.

E’ indubbio che i gestori del ristorante siano testimoni attendibili del lento declino che ha accompagnato il Centro Direzionale nell’ultimo ventennio. Per questo abbiamo registrato la voce del responsabile di “Pizza Ciro”, Vincenzo Ammendola, semplicemente Enzo per lo staff e i clienti del locale dell’isola G1.

Vent’anni sono un pezzo di vita importante. Che ricordo ha dei primi mesi di vita?
Un ricordo positivo. Il ristorante era sempre pieno. Pensi che ogni giorno a pranzo avevamo una clientela di 300-400 persone: dirigenti, manager, presidenti e magistrati del tribunale. Rimanevamo aperti anche di sera. Si lavorava a grandi ritmi e già si pensava a futuri investimenti. Poi..

Poi è iniziato il declino. Quando ve ne siete resi conto che l’orizzonte non prospettava nulla di buono?
Non c’è stato un momento preciso. Si è trattato di lento declino iniziato con la dismissione di alcuni importanti uffici come l’Authority, l’Enel, la Telecom. Questo ci ha fatto perdere una fetta importante della nostra clientela. Per non parlare del degrado che ci circonda.
Qui di fronte c’è la cittadella postale e da 20 anni si parla di 5mila persone da trasferire ma non è stata mai occupata. Il CDN all’inizio non era stato concepito com’è oggi, poi però hanno cominciato ad ampliarlo, a costruirci attorno prima di fermarsi definitivamente. Come un giocattolo di cui prima o poi ci si stanca e si abbandona da qualche parte.

Si riferisce alle mattonelle rotte e alle buche che circondano la struttura?
Non c’è solo il problema della pavimentazione: questo è un problema che esisterà sempre perché sappiamo tutti che il Centro Direzionale è stato costruito su un fiume, il Sebeto, che provoca infiltrazioni e fa innalzare il pavimento. C’è l’immondizia non raccolta nei livelli inferiori, le prostitute.

Il fenomeno della prostituzione è preoccupante come attestano gli interventi compiuti dal corpo di vigilanza della Gesecedi. Ma su altri fronti influisce anche una certa noncuranza degli inquilini, che, come contesta la stessa Gesecedi, sono responsabili del decoro della aree adiacenti le rispettive proprietà.
Il proprietario della struttura che ospita il ristorante vive a Roma, ma so che in passato hanno sempre aggiustato. A prescindere, io la colpa non so a chi la devo dare, la voglio dare a tutti e a nessuno. Una volta si diceva “rimbocchiamoci le maniche” e cerchiamo di remare un po’ tutti dalla stessa parte.
Ma siccome il Cdn è una nave che non ha timoniere, ognuno sta al suo posto e la lascia in balia delle onde.

Ognuno per sè Dio per tutti, è la solita storia. Per esempio..
Non c’è un punto di ritrovo di sera, non c’è un teatro. Ma perché il teatro lo dobbiamo fare qui? Una perplessità più che legittima, visto che parliamo di una zona in gran parte formata da uffici. Ma nemmeno si realizzano eventi. Siamo stati aperti nel periodo di dicembre, perchè 15 giorni prima mi è stato chiesto se volevo assicurare aperture straordinarie in concomitanza di eventi da tenersi al Centro Direzionale.

Abbiamo fatto una prova il sabato sera, a pieno regime: non è passata un’anima! Perchè? Perchè gli eventi erano stati spostati a tre giorni dopo e nessuno si è preoccupato di farmelo sapere. Nel frattempo si è tenuta aperta una struttura a vuoto, con l’aggravio di ulteriori spese per le ore extra.

Secondo lei come se ne esce?
Siamo in una fase di cambiamento e aspettiamo come si muove la nuova amministrazione comunale. Io sono un tipo fiducioso. In generale, mi aspetto un impegno da parte nostra, delle persone che vivono e lavorano al Centro Direzionale. Un coordinamento che si riunisca ogni 15 giorni, un mese, per confrontarsi e concordare iniziative valide per la rinascita di quest’area.
Siamo disposti a rimanere aperti anche nei weekend ma occorre una seria programmazione di eventi unita a un offerta di servizi (parcheggio, trasporto pubblico) che in termini di qualità e di costi spinga le persone a venirci.

 
© Riproduzione Riservata
 
 

Nessun commento

Lascia un Commento