Pompei vista dagli scavi

“La paura bussò alla porta. La fede andò ad aprire. Non trovò nessuno”. Prendo in prestito un bellissimo aforisma del premio Nobel Martin Luther King per introdurre il mio secondo editoriale a tre settimane dall’inizio di questa nuova avventura editoriale.
Parole profetiche, quelle del pastore protestante di Atlanta, che rendono perfettamente il clima di paura vissuto nella nostra città in questo arco di tempo assai ristretto, eppure così denso di avvenimenti che si sono imposti all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e sono destinati a rimanerci per il prossimo futuro.

Parafrasando King, sono due le paure che hanno bussato alla porta della nostra città. La prima, in ordine di tempo, è quella dell’emergenza discariche esplosa in seguito alla decisione di aprire un secondo sito di raccolta all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, e della conseguente paralisi che ha colpito il servizio di raccolta dei rifiuti urbani. Una paura condivisa con le popolazioni dei comuni vesuviani coinvolti ma differente nei tempi e nelle forme di reazione che dalla stessa sono scaturite.

La sollevazione civile ai cancelli di cava Sari e alla rotonda di via Panoramica che ha visto le popolazioni di Boscoreale e Terzigno protagoniste di una lotta diuturna con forze dell’ordine e istituzioni locali e centrali per la difesa della salute dei propri figli unitamente alla salvaguardia del territorio vesuviano, ci ha messo un po’ per conquistarsi il sostegno materiale oltre che morale della nostra comunità. Alle accuse ingenerose di tiepidezza di fronte al clima di tensione e di guerriglia urbana vissuto a pochi chilometri di distanza, hanno risposto i “mille di Pompei”: un corteo composto (il sottoscritto ha avuto l’onore di farne parte) ma battagliero nello spirito che ha unito giovanissimi, genitori e anziani, senza distinzione di colore politico o classe sociale.

La “fede” che ci ha fatto aprire la suddetta “porta” è stata, in questo caso, la consapevolezza di partecipare a un comune destino di lotta in difesa dei nostri territori che la politica miope e piratesca di amministratori locali di ieri e di oggi ha in parte già condannato a morte lenta. Perché se è vero che in questi giorni e nei prossimi si lotterà per fermare l’invasione dei rifiuti nell’area alle pendici del “grande vulcano”; da ieri e per chissà quanti anni ancora, come ricorda l’amico e collega Gianluca De Martino – nel suo recente intervento su “Pompei Notizie” – ci troviamo a fare i conti con l’avvelenamento del fiume Sarno.
A questa paura sono in tanti, singolarmente e attraverso associazioni, che stanno rispondendo nel cercare di aprire le menti dei loro concittadini. Di informarli sui loro diritti a partecipare alla gestione della res pubblica e chiedere conto alle istituzioni pubbliche delle scelte operate in materia ambientale.

Non è, tuttavia, riempendolo di rifiuti e veleni d’ogni sorta che un territorio può essere messo a morte in maniera irreversibile. C’è un’altra via, meno rumorosa ma ancor più spietata. Cancellare la sua storia. E’ la seconda paura che si è fatta viva alla nostra porta con un colpo secco ma fragoroso. Lo stesso suono che ha squarciato la notte tra il 5 e il 6 novembre lasciando a terra, come pezzi di un puzzle da ricomporre, mattoni e pezzi di muro di quella che era un tempo la “schola armaturarum”, dove i giovani dell’aristocrazia pompeiana erano soliti allenarsi nella ginnastica e nello sport. Lì dove non hanno potuto i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, l’hanno avuta vinta la noncuranza e l’ncapacità di certuni.

Nella sua drammaticità, questo crollo arriva come un provvidenziale squillo a ridestare le nostre coscienze, di attori istituzionali e di semplici cittadini, sul pericolo che incombe su Pompei. La cancellazione della nostra storia che significa perdita d’identità, delle nostre radici che s’intersecano con quelle dell’umanità intera. Questo viene prima di qualsiasi previsione finanziaria sui mancati ricavi in termini turistici. Ne va del nostro futuro.
Tutto sta nel trovare, noi pompeiani in primis e poi coloro che ci governano, la “fede” giusta, il coraggio di scelte dolorose ma necessarie, per spalancare la porta sul nostro domani.
(foto di roxanna4ever)

 
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